“Cosa succederebbe se una mamma di un bambino adottato si innamorasse ad un certo punto di un altro uomo e volesse seguire il suo cuore separandosi? Non ci vuole una grande preparazione di psicologia per capire che impatto ciò possa avere su un figlio che ha subito l’abbandono con la A maiuscola. E, partendo da questo, io non riesco a riconoscere a questa donna il diritto ad inseguire il suo sogno. Mi ritrovo a pensare, e me ne convinco sempre più, che noi mamme adottive dobbiamo anteporre il figlio ad ogni altra cosa. Dobbiamo in un certo senso tornare all’idea antica (e che tanto mi fa indispettire da tutta la vita!) che il ruolo di madre debba essere prevalente su tutti gli altri che ogni donna ricopre. Insomma per proteggere la vita di un figlio che tanto abbiamo voluto (e davvero penso che si tratti di proteggere la sua vita), è giusto congelare le pulsioni amorose che ci porterebbero lontane dalla famiglia adottiva”. E’ la riflessione che mi ha inviato una lettrice, mamma adottiva, per sottopormi una questione a mio avviso molto interessante.
Una domanda mi viene spontanea: noi che siamo diventate madri con l’adozione siamo diverse dalle altre donne o “dobbiamo” essere diverse? Io non credo, sicuramente ad essere diversa è la storia dei nostri figli. Sicuramente hanno bisogno di massima cura, tripla attenzione, continue rassicurazioni e antenne sempre dritte per recuperare quello che hanno perduto o che non hanno mai avuto: l’amore e le cure di una mamma e di un papà.
Una grande lezione che il percorso adottivo mi ha insegnato però è di imparare ad abbassare il più possibile le aspettative. Per accogliere davvero il bambino che arriva con l’adozione, bisogna fare un grande lavoro per smontare la visione del figlio ideale che ognuno di noi si porta dentro da sempre. Il bambino reale che diventa nostro figlio porta con sé delle caratteristiche proprie e se queste non corrispondono alla visione che noi genitori abbiamo dentro, possono arrivare i problemi, seri problemi. Non esiste il figlio ideale, come non esiste il genitore ideale, né la madre perfetta, né la famiglia del Mulino Bianco. Esistono le persone e i rapporti tra di esse. Noi mamme spesso pretendiamo troppo da noi stesse, per cercare di corrispondere a quell’ideale di madre che un po’ tutte ci portiamo dentro: sempre sorridenti, disponibili, accoglienti, organizzate, efficienti, un po’ maestre, un po’ psicologhe ma anche un po’ bambine per poter giocare con i nostri figli. E noi, che mamme lo siamo diventate attraverso un percorso più lungo, e a volte tortuoso, come l’adozione, dopo che ci siamo preparate per anni, attraverso i corsi, gli incontri con i servizi sociali, probabilmente chiediamo ancora di più a noi stesse. Ecco, abbassiamo le aspettative, anche su di noi. Impariamo ad essere più indulgenti con noi stesse.
Una separazione coniugale non è un abbandono, se viene gestita in modo il più possibile sereno e garantendo al massimo la continuità della presenza e la collaborazione tra i genitori per tutelare il benessere dei figli. Non si smette mai di essere genitori.
Le cose succedono nella vita, non sempre si possono evitare, l’importante è cercare di gestirle non perdendo di vista “tutte le priorità”, e il nostro benessere come persone, come donne a tutto tondo, è una di queste, secondo me… I bambini hanno bisogno di avere accanto prima di tutto dei genitori il più possibile sereni e di crescere in un clima di amore.
Si fa un gran lavoro sui nostri figli per insegnare loro che sbagliare si può, che anche l’errore è prezioso perché ci dà l’occasione di imparare qualcosa e soprattutto di correggere il tiro, che dal fallimento ci si può rialzare più forti di prima. E allora, anche il fallimento di un amore può essere contemplato, perché no? Fa parte delle possibilità della vita. E soprattutto, non pretendiamo troppo da noi, non siamo perfette e non è neanche sano, forse, presentare un modello di perfezione ai nostri figli. Diamo il massimo, sempre, questo sì.