Virginia Raggi (37 anni) è la prima donna e la più giovane sindaco di Roma. Non una città qualunque, la Capitale italiana. Chiara Appendino (31 anni) è il primo cittadino di Torino. A questo punto non è più una questione “partitica”. I sindaci, insegnano i migliori esempi, sono sindaci di ttutti e lavorano per il bene della città. E in questo caso per città che hanno sfide importanti da affrontare.
Roma ha innanzitutto un problema di credibilità della rappresentanza politica. E non bisogna avere remore nel dirlo, anche di onestà. Ma non solo. La città ha un buco di bilancio di 10 miliardi di euro. Ha problemi di traffico, trasporti pubblici, raccolta differenziata, consumo di suolo e urbanizzazione, gestione dei campi rom, politiche culturali pubbliche, abusivi nel commercio, rilancio dei beni turistici. Solo per fare alcuni esempi.
Torino dal canto suo è una città di quasi 900mila abitanti, che non può contare di vivere solo sul turismo e sulla cultura. E’ una città che deve trovare una nuova identità prima di tutto per il rilancio del mercato del lavoro, non perdendo il treno dell’innovazione e delle startup. Forti, poi, le lamentele su un abbandono delle periferie (e anche di alcune zone centrali) e la necessità di una migliore gestione dell’immigrazione.
Due città non facili, che chiameranno le nuove sindache a prove complesse, molto più di quanto loro stesse forse non immaginano. Perché sul territorio fare politica vuol dire rispondere al telefono 24 ore su 24, non avere fine settimana liberi e essere presenti e pronti ad ascoltare. Ma vuol dire anche confrontarsi con logiche non sempre palesi e interessi economici complessi. Non mancheranno tranelli e non mancheranno scontri aspri, che forse non leggeremo mai sui giornali.
Ma Raggi e Appendino avranno anche un’altra responsabilità. Sono giovani e sono donne. Rappresentano, indipendentemente dall’appartenenza politica, la voglia di cambiamento di questo Paese. Rappresentano la chance, che donne e giovani, hanno di dimostrare di poter far bene. In ogni loro scelta non possono dimenticare questa responsabilità. Raggi, ieri nel discorso della vittoria, diceva che si tratta di un “cambiamento storico”. Non è ancora così: gli elettori hanno reso possibile un “cambiamento storico”, che ora tocca agli eletti e alle elette rendere reale.
Per quel che riguarda tutti noi, invece, rubo un commento letto oggi sui social che riassume bene ciò che penso: “Non so se siano delle grandi donne, sicuramente sono donne, prima di giudicarle facciamole lavorare”.
Buon lavoro.