Non è facile convincere qualcuno a fare qualcosa perché è semplicemente “giusto”: certamente non se si parla con una azienda. Se però quel qualcosa conviene e dà risultati, allora, tutto diventa più semplice.
Nel 2014 è stato lanciato un progetto – She decides, you succeed – che ha coinvolto 180 imprese in cinque Paesi d’Europa (Italia, Romania, Spagna, Gran Bretagna e Lituania), di grande e media dimensione, monitorando la partecipazione e il ruolo delle donne nei processi produttivi e nei ruoli dirigenziali, le caratteristiche e gli effetti della presenza femminile, le sfide che le donne devono superare per esprimere al meglio le capacità professionali e le buone prassi messe a punto per promuovere l’occupazione femminile e l’accesso delle donne ai posti di responsabilità.
Fra queste 10 sono imprese venete, e con loro la Regione ha impostato un dialogo: “Nessun controllo, le aziende ne hanno già troppi. Nessuna volontà di cercare casi di discriminazione o mobbing, ma un rapporto di collaborazione, pronti a cogliere le buone prassi e a inserirle in una programmazione”, spiega Elena Donazzan, assessore veneto alla Formazione e lavoro.
Perché “oggi le nuove tecnologie la fanno da padrone, e pensare di farcela rinunciando all’apporto di metà del mondo è pura follia”, spiega Isabella Chiodi, presidente regionale di Aidda, (associazione italiana delle donne imprenditrici e dirigenti d’azienda), che con Afaemme (federazione delle organizzazioni delle donne imprenditrici nell’area mediterranea) e la consigliera di parità della Regione Veneto Sandra Miotto ha presentato i risultati.
Solo un dato: “Le aziende con donne ai vertici hanno una minore propensione al rischio e maggiore produttività: una probabilità del 20% inferiore di finire in bancarotta“, afferma Chiodi. “Con le aziende dove abbiamo registrato un ‘gap’ di presenza femminile abbiamo preferito promuovere un confronto aperto per valutare insieme difficoltà e sfide da superare“, spiega Miotto.
I casi sono diversi: alla Rubelli di Venezia, storica azienda di tessitura e materie tessili, su 171 addetti le donne sono 90: “La scelta di mettere delle donne nei ruoli chiave risale a 15 anni fa – spiega Loredana Di Pascale, alla guida del settore marketing – Abbiamo 50 dipendenti nel mondo, la guida degli show room è spesso affidata a chi sa raccontare il prodotto con sensibilità e diplomazia, ma anche catturando l’attenzione”. Una donna siede anche nel cda, con il ruolo di accompagnare la famiglia verso il passaggio generazionale.
Alla Tommasini, commercio al dettaglio di abbigliamento, ci sono 136 donne su 184 addetti; alla Tognana, che a Casier nel Trevigiano fabbrica prodotti in ceramica, la proprietà sta investendo sul ruolo femminile soprattutto nella scelta di prodotto (67 donne su 162).
Cambiando settore, però, lo scenario è diverso: c’è chi assume chimiche e biologhe – nel laboratorio qualità che funziona 24 ore al giorno, sette giorni su sette – come la Silcart di Carbonera (prodotti per l’edilizia) e chi non trova una donna a pagarla (ma a ben vedere nemmeno uomini): “Magari potessimo assumere saldatrici, carpentiere, qualunque figura specializzata – spiega uno dei soci della Berengo di Mestre, produzione di impianti industriali – Su 131 addetti le donne sono sei, tutte in amministrazione. Nemmeno chi frequenta una scuola professionale si dimostra poi pronto ad accettare questo tipo di lavoro: stiamo mantenendo sul posto due operai portoghesi, in mancanza di manodopera locale”.
Le dieci storie di imprese venete evidenziano comunque che la presenza della donna nei quadri e nei vertici ha introdotto, senza clamori, forme di conciliazione tra il tempo di lavoro e tempo di vita, flessibilità e attenzione verso il ruolo familiare, senso di appartenenza, valorizzazione delle relazioni interpersonali, incentivi alla produttività, investimenti nei percorsi di formazione e qualificazione. “Tutti elementi di welfare aziendale che vogliamo valorizzare nella programmazione delle politiche regionali”, sottolinea l’assessore Donazzan.
Gli esiti del monitoraggio veneto saranno presentati il 9 giugno a Barcellona, nel meeting europeo promosso da Afaemme, che farà sintesi di quanto rilevato nelle 180 aziende monitorate nei 5 Paesi aderenti al progetto europeo.