“Sei molto bravo! Quando finisce il tuo stage?” – mi chiede alla fine di una riunione quello che è, infatti, un collega. “Un anno e mezzo fa.” – rispondo. Ho 24 anni e sono un professionista con serie responsabilità lavorative in un centro di importanza strategica all’interno di una grande e complessa istituzione. Il dato lascia il mio interlocutore tra lo scettico e l’incredulo, e io non capisco perché.
Tutto ciò succede alla vigilia della mia partecipazione al primo summit internazionale degli Under 30 di Forbes: “giovani” da quattro continenti selezionati dal magazine in quanto eccellenze nei loro campi – dalla politica e la finanza alla scienza e lo spettacolo. Qui incontro Richard, che investe in aziende di ingegneria genetica le cui tecnologie potrebbero presto realizzare un mondo senza disabilità. Conosco Jessica, che vuole eliminare la povertà energetica rendendo ognuno di noi una micro-centrale elettrica: ha inventato sistemi per trasformare ogni sforzo in una fonte di elettricità – dallo spingere un passeggino al saltare la corda. Cosa li accomuna? L’ambizione di innovare e le capacità rivoluzionarie. E l’età: sotto i 30 anni.
I media cantano le lodi dei cosiddetti millennials: nativi digitali, dipinti come guerriglieri dell’innovazione all’arrembaggio del nuovo mondo del lavoro. Il termine è in impennata tra ricerche e notizie. Aziende e istituzioni fanno dei loro under 30 il fiore all’occhiello. La realtà del lavoro, però, è generalmente opposta. I più si concentrano sul dato anagrafico piuttosto che sulle abilità della persona. Rispondono ad ambizioni ed idee con: “Abbi pazienza, non è mai troppo tardi”.
Non è mai troppo presto – dico io. Jessica, Richard e molti altri “giovani” lo dimostrano: dove l’opportunità sposa idee e talento, nascono innovazione e produttività, a prescindere dall’età. Nel ventunesimo secolo, il concetto di età dovrebbe essere definito dalla capacità di ideare, creare ed eseguire, non dal certificato di nascita. Responsabilità e possibilità professionali dovrebbero essere distribuite di conseguenza. Il futuro è un alibi.