Tra i tanti articoli letti durante il dibattito sulla legge sulle unioni civili e sulla cosiddetta stepchild adoption, un passaggio in particolare ha attirato la mia attenzione. È un virgolettato attribuito al deputato PD Andrea Marcucci, riportato dal quotidiano “Il Tirreno”: “Sulla stepchild adoption il paese non è maturo, ci sono evoluzioni da fare, ci vuole il coraggio di affrontarlo tutto il sistema delle adozioni, per famiglie, singoli, per ridurre il calvario oggi di una coppia che vuole adottare un figlio”. Le parole non sono scelte a caso: cavalcano il solito luogo comune dell’adozione vista come un generico calvario dove il problema, a leggere questa frase, sembrerebbe essere la lunghezza dei tempi.
Ma quali sono in realtà i tempi fissati dalla legge sulle adozioni (la legge 184/83, modificata dalla legge 149/2001)? Vediamoli:
- entro 15 giorni dalla presentazione della dichiarazione di disponibilità degli aspiranti genitori adottivi, il Tribunale deve trasmettere la domanda ai servizi socio-territoriali competenti;
- entro 4 mesi dall’invio della documentazione da parte del Tribunale per i minorenni i servizi territoriali devono incontrare la coppia, valutarne, tramite diversi incontri, le capacità genitoriali e stilare una relazione da inviare al Tribunale;
- entro 2 mesi dalla ricezione della relazione dei servizi territoriali il Tribunale convoca i coniugi e il giudice, dopo aver valutato la relazione e incontrato i coniugi, emette il decreto di idoneità o di non idoneità all’adozione;
- entro 1 anno dal rilascio del decreto di idoneità, la coppia deve iniziare la procedura rivolgendosi ad un ente autorizzato.
Come si può vedere, i termini sono più che ragionevoli. Questo tempo non rappresenta però un periodo morto: è un percorso che la coppia non deve vivere passivamente, è un tempo di maturazione e di presa di coscienza. Dove stanno i problemi allora? Nel fatto che tale tempistica spesso non viene rispettata (io e mio marito, per esempio, abbiamo iniziato l’indagine con i servizi sociali ben 5 mesi dopo la presentazione della domanda in Tribunale, quando sarebbe quindi dovuta essere terminata già da un mese).
Quello che, secondo me, la politica dovrebbe davvero fare per aiutare le adozioni è mettere in condizione gli attori del percorso adottivo di lavorare al meglio per onorare questi tempi: potenziare i tribunali dei Minori, supportare i servizi territoriali, fare in modo che la CAI (la Commissione Adozioni Internazionali) lavori a pieno ritmo, vigilare attentamente sull’operato degli enti autorizzati… Questi sono solo alcuni esempi delle necessità reali che la politica dovrebbe prendere in considerazione, se davvero si vuole mettere mano alla legge sulle adozioni, ascoltando prima di tutto i protagonisti del mondo adottivo che queste problematiche le vivono ogni giorno da decenni (associazioni di genitori, enti autorizzati, servizi territoriali, giudici onorari…).
Inoltre, l’adozione va vista da tutt’altra prospettiva, l’arrivo del bambino è solo l’inizio di un percorso che dura una vita. E, in quest’ottica, bisognerebbe potenziare il postadozione, creando un sistema capillare di sostegno attraverso i servizi territoriali e le asl: le famiglie non devono essere lasciate sole, soprattutto alla luce dei casi di restituzione di cui sempre più spesso si parla. Questo sì, davvero un calvario, per tutte le persone coinvolte.