Ho appena iniziato il mio viaggio come blogger e già mi trovo a dover fare i conti con una pirandelliana maledizione. In risposta al mio ultimo scritto ho ricevuto tanti commenti e da uno di questi ho deciso di trarre ispirazione. Una collega blogger ha deciso di scrivere su Twitter un suo commento ai miei articoli sostenendo di aver desunto da questi una serie di contraddizioni, tra cui:
1. la Capotondi odia le donne e le sminuisce.
2. la Capotondi considera gli uomini dei poveracci che si fanno manipolare.
3. la Capotondi scrive sterili polemiche di genere.
Per chi volesse, i miei precedenti scritti sono ancora disposizione e saranno felici di essere compresi. Non penso, tuttavia, che alla critico-blogger possa giovare rileggere, per una seconda volta, quello che ho scritto. In ogni caso la ringrazio perchè le sue considerazioni mi sono state molto utili. Quello che uccide il dibattito positivo che internet potrebbe favorire è la forma mentis di chi si avvicina alle opinioni altrui. Da lettrice ho sempre diviso il mondo del giornalismo in due categorie: quelli che criticano i pensieri e le azioni degli altri e quelli che invece provano ad esprimere le proprie idee, esponendosi. Non provo nessun interesse nella lettura dei primi mentre ho sempre utilizzato i secondi per mettermi in discussione. Più le opinioni altrui producono in me sentimenti di fastidio, più scopro che mi sono utili per discutere me stessa. Il fatto è che ognuno di noi legge il mondo e le opinioni degli altri secondo i propri schemi mentali e, di conseguenza, un punto di vista alternativo al proprio viene sempre filtrato e distorto dalle proprie convinzioni. Nella Grecia antica era molto in voga l’elogio, si strumentalizzavano gli dei o il mito per mostrare agli altri come fosse bello il proprio modo di guardare, di pensare, di valutare: elogiando gli altri e cercando un punto di vista sul mondo il più bello possibile, i filosofi manifestavano la loro intelligenza. Spesso lo sguardo migliorava addirittura la realtà ed esaltava, con sorpresa dell’autore stesso, l’opera degli artisti. Superare l’altro dando all’altro maggiore dignità, era questo il genere di dialettica che rendeva grande la civiltà dell’antica Grecia.
Penso che, anche oggi, almeno tra i giornalisti e i loro fratelli minori, i blogger, sarebbe bello che si facesse questo gioco. Aiutandoci a intravedere un senso, potremmo trovare la luce anche nei momenti più bui. Questo è quello che ho cercato di fare nei miei primi tre scritti per AlleyOop e che non credo di aver fatto con questo ma che prometto di fare dal prossimo. Anzi, se quando mi hanno proposto di tenere questa rubrica ho faticato a trovare un’idea che le desse continuità, ora, grazie alla collega, ho trovato ispirazione. Dalla prossima la mia rubrica cambierà nome e si chiamerà l’elogio, di Cristiana Capotondi. E di ogni cosa che sceglierò di trattare farò del mio meglio per metterne in luce gli aspetti più alti, positivi ed ispirativi.