Per la prima volta, una donna. E, per la prima volta, una persona non italiana al vertice di una istituzione che è di diritto pubblico. Non nominata dall’alto, ma eletta da una assemblea di imprenditori. Kuniko Fujimami Weeks il 27 gennaio scorso è diventata presidente della Camera di Commercio Italiana in Giappone (CCJ), una delle più attive nel supporto alle aziende che vogliono internazionalizzarsi (ha uno staff di nove persone). A Tokyo guida una delle imprese che rappresentano al meglio il Made in Italy, come presidente della “A. Testoni”, nel settore tradizionalmente di punta dell’export su questo mercato (moda-scarpe-pelletteria).
“E’ un grande onore per me essere stata scelta”, dice Fujinami, che già da alcuni anni era nel consiglio direttivo della ICCJ – L’Italia mi ha dato tanto e penso che ora ho l’opportunità di restituire qualcosa che sento sia dovuto”. Aveva cinque anni quando suo padre decise di cambiare carriera: non più nel governo giapponese, ma nell’ambito delle Nazioni Unite, con un trasferimento a Roma. “Uno dei motivi fu che voleva far crescere le sue figlie in un ambiente internazionale. Era convinto che il futuro del Giappone stesse nell’apertura alla comunità internazionale. Sono i 13 anni in cui ho vissuto in Italia ad avermi dato una formazione multiculturale”, continua Fujinami, che promettere di cercare di rafforzare ulteriormente il ruolo della ICCJ nei servizi alle piccole-medie imprese e anche quelli alle aziende giapponesi interessate a investire in Italia.
Un grande evento promozionale – denominato “Italia, amore mio” – si terrà a Tokyo il 28 e 29 maggio, in un 2016 che segna i 150 anni delle relazioni diplomatiche bilaterali.
L’ICCJ da’ dunque il suo contributo statistico alla cosidetta “Womenomics promossa dal governo del premier conservatore Shinzo Abe, che si è impegnato a favorire un aumento della presenza femminile in posizioni manageriali. Il target originario di un 30% di donne-manager nel 2020 è però già stato abbandonato come troppo ambizioso, mentre non manca chi vede con perplessità una strategia governativa che, al dunque, si potrebbe sintetizzare in questo modo: “Care donne, a voi il doppio compito sia di fare più figli sia di lavorare di più, per il bene del Paese. Cosi’ non avremo bisogno di immigrati per coprire le carenze di manodopera e la nazione resterà grande, frenando il declino demografico”.