“I exist – say no to modern slavery”, la campagna di Mani Tese per generare azioni dalle parole

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Cara Alley,

È affascinante il modo in cui il cervello umano crea significato, come immagini e numeri si associano a parole e sentimenti per produrre pensiero e azione. La campagna “I exist – say no to modern slavery” di Mani Tese ha esattamente questo scopo:generare azione attraverso parole, immagini e il coinvolgimento attivo di persone, imprese e istituzioni nazionali e internazionali.

Lanciata nel 2016, la campagna si concentra su tre forme di schiavitù moderna: il lavoro minorile, il traffico di esseri umani e lo sfruttamento del lavoro nelle filiere produttive.
Quella del 25 novembre è una data particolarmente significativa. Indetta dalle Nazioni Unite in onore delle tre sorelle Mirabal, torturate e uccise per il loro impegno politico contro la dittatura Trujillo nella Repubblica Dominicana, è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

I termini per descriverne le manifestazioni sono violenza famigliare, violenza e molestie sessuali, tratta, mutilazioni genitali femminili, matrimoni precoci, discriminazione.
I numeri sono impressionanti. Quasi 29 milioni di donne al mondo vittime di forme moderne di schiavitù; di queste, 4.8 milioni sono ragazze e bambine vittime di sfruttamento sessuale. Sono 750 milioni le bambine e ragazze costrette a sposarsi prima di aver compiuto 18 anni. Per non correre il rischio di percepire come esotica questa violenza però basti ricordare che il 55% delle donne nell’Unione Europea dichiara di avere subito molestie o violenze di carattere sessuale dall’età di 15 anni.

Negli ultimi trent’anni è stato necessario coniare nuove parole per definire quanto stava accadendo: femmicidio, ad indicare la morte della donna come tragico esito finale di prassi sociali misogine, e femminicidio, che amplia il dominio semantico di riferimento, per comprendere la complessità degli aspetti politici, culturali e sociali che reiterano e culminano nella violenza, e fino alla morte della donna. Sono parole ormai famigliari, entrate nelle nostre case con i telegiornali che ogni giorno, ogni singolo giorno, riportano notizie di violenze e uccisioni di ragazze e donne nel nostro paese.

Poi ci sono fenomeni che necessitano di più parole per essere compresi: allusioni, sottintesi, giudizi, condanne, un soffitto di cristallo, una promozione mancata, un collega che fa il nostro stesso lavoro ma guadagna di più, commenti pesanti su come ti trucchi, ti vesti, su come alla fine, dai, te la sei andata a cercare, discorsi da caserma, da uomini, da spogliatoio.

Queste parole e questi numeri sono così insopportabili ed enormi nella loro gravità che necessitano di essere tradotti in fotografie, immagini, storie vicine e lontane. Ne abbiamo parlato sabato 25 novembre con Silvestro Montanaro, giornalista e documentarista, autore del libro “Col cuore coperto di neve”, in cui racconta storie di vittime di trafficking, turismo sessuale e pedofilia incontrate nel corso degli anni.
La rabbia e l’orrore che si provano davanti alla violenza contro le donne devono trovare una sintesi di significato e azione.

Essere ‘solo’ donne consapevoli e femministe non è sufficiente. Combattere il fenomeno e le forme moderne di schiavitù che in maniera così sproporzionata e feroce fanno delle donne le prime vittime deve diventare una priorità di tutti e agita da tutti, sempre: donne, uomini, cittadini, consumatori, la politica, la cultura, l’impresa, le istituzioni nazionali e internazionali.

Chiara K. Cattaneo

Program Manager della Campagna I Exist di Mani Tese
www.manitese.it