Nel primo lunedì di lavoro, tra le primissime cose che ha fatto, Donald Trump ha restaurato la cosiddetta Global Gag Rule: bloccando tutti i finanziamenti americani – di qualsiasi tipo e per qualsiasi progetto – a tutte le Organizzazioni Non Governative che forniscono ai Paesi emergenti servizi collegati in qualunque modo all’aborto. Il nomignolo “Gag Rule” viene proprio dal fatto che proibisce anche solo di “parlare dell’argomento” aborto, non solo di praticarlo. E’ una legge che viene accesa e spenta dal 1985: i Repubblicani la attivano, i Democratici la disattivano. Con due piccole annotazioni per quanto riguarda Trump.
1) Trump ha cambiato la legge, rendendola ancora più ampia poiché non coinvolge più solo l’agenzia americana USAID e il Dipartimento di Stato, ma riguarda anche tutte le agenzie e i dipartimenti governativi, senza eccezione per alcun tipo di progetto, neanche quelli che contrastano l’AIDS, accortezza che invece aveva avuto il presidente George W. Bush. Lo ha fatto per “proteggere tutti gli Americani, anche quelli non nati”, ma l’impatto lo sentiranno le donne di paesi ben lontani dall’America.
Sette milioni di donne in paesi emergenti come India, Cambogia, Ghana, Etiopia, vengono trattate ogni anno per complicazioni dovute a parti clandestini. Nonostante abitino anche in Paesi in cui esiste il diritto all’aborto, sono donne che non hanno le informazioni o la possibilità economica di raggiungere gli ospedali. 68.000 di queste donne muoiono ogni anno. Le ONG che forniscono programmi di supporto alla pianificazione familiare sono ogni giorno in migliaia di villaggi, a costruire progetti per salvare le donne e le loro famiglie con informazioni, aiuti, cure. Queste organizzazioni dovranno licenziare persone, chiudere cliniche, abbandonare donne e bambini perché la Global Gag Rule toglierà loro almeno 600 milioni di dollari di fondi nei prossimi 4 anni. Non stiamo, però, parlando di soldi: stiamo parlando di un aumento del numero di aborti previsti del 20% – cosa che è avvenuta per esempio in Ghana la precedente riattivazione della legge – e, in percentuale ben più alta, di aborti clandestini, in cui le donne molto spesso muoiono o restano menomate. “Non conosciamo ancora l’impatto diretto e l’ammontare dei fondi che verranno bloccati, ma le prime a “pagare” saranno le persone coinvolte”, è il commento di Giangi Milesi, presidente della ONG italiana Cesvi, aggiungendo: “Siamo allo scontro delle civiltà: la cooperazione è un modo per far passare le conquiste più avanzate sui diritti umani attraverso la costruzione di ponti fra culture e il dialogo. Il Presidente Trump non ci crede”.
2) Secondo “dettaglio”: a marzo del 2016, durante una trasmissione dell’MSNBC, Trump aveva annunciato che avrebbe ripristinato le leggi contro l’aborto. E aveva aggiunto: “Deve pur esserci qualche forma di punizione”. Si riferiva alle donne che abortiscono e al fatto di volerle punire. Diventa così molto più chiara la decisione presa appena due giorni dopo la marcia di centinaia di migliaia di donne contro il suo governo. Non sarà, infatti, l’assenza di servizi a convincere le donne a non abortire: farlo è un atto di disperazione che le porterà invece sui tavoli degli aborti clandestini. “La domanda non è se siamo d’accordo o meno con l’aborto, ma se siamo d’accordo con l’aborto clandestino.” È il commento della prof.ssa Stefania Piloni, ginecologa e responsabile dell’Ambulatorio di Medicina Naturale per la donna, che prosegue: “Ogni volta che si ridiscute questo tema , il punto non è “che” ci sia ma “come” venga fatto: se rendi l’aborto illegale o impossibile, rimetti le donne sui tavolo delle “mammane”, che lo faranno con un appendino o una gruccia arroventata, sfasciando uteri e facendole morire di setticemia”.
Le Ong non stanno a guardare. Già 138 Organizzazioni non governative al mondo hanno firmato una petizione contro la Global Gag Rule. Secondo l’organizzazione che sta facendo girare la petizione, la PAI, Champions of Global Reproductive Rights, parliamo di una perdita di fondi per le ONG non di 575 milioni di dollari, come previsto, ma di oltre 9 miliardi di dollari.
Mentre negli Stati Uniti inizia una guerra globale alle donne, in Olanda il governo lancia un fondo globale di aiuti per sopperire al venir meno delle risorse americane. Perchè, nelle parole della ministra per lo Sviluppo e la Cooperazione Internazionale olandese Liliane Ploumen: “Qui non stiamo parlando di politiche, stiamo parlando di donne”.