Acquisizioni, partnership, accordi commerciali negli Stati Uniti, ma non solo. Anche in Asia e America Latina. Questa la strategia di crescita del colosso della distribuzione, retail e wholesale, della farmaceutica Walgreens Boots Alliance, che ieri ha archiviato l’esercizio fiscale 2015-2016 con risultati oltre le stime degli analisti. «L’esercizio fiscale si chiude in modo positivo in un contesto di cambi valutari poco favorevole. Il gruppo continua ad operare nella direzione della ricerca di efficienze industriali, di controllo dei costi e di una politica salutare della gestione della cassa, che ci ha portato ad un cash flow interessante», ha commentato, in esclusiva con Il Sole 24 Ore, Ornella Barra, co-chief operating officer del gruppo, che in settimana ha ricevuto il premio della United Nations Foundation per i progetti a sostegno della salute nel mondo, la stessa sera in cui il premio è stato conferito anche al presidente degli Stati Uniti Barak Obama.
Nel quarto trimestre al 31 agosto, il gruppo, al Nasdaq quattordicesimo per capitalizzazione con oltre 83 miliardi di dollari ha registrato un utile netto per 1,03 miliardi di dollari (o,95 centesimi per azione) in aumento rispetto ai 26 milioni (2 centesimi ) di un anno prima. Al netto di voci straordinarie, gli utili per azione sono saliti a 1,07 dollari da 88 centesimi, oltre le stime degli analisti di 99 centesimi. Nel periodo i ricavi sono cresciuti dello 0,4% a 28,64 miliardi , portando il saldo dell’intero esercizio a 117,4 miliardi in incremento del 13,4%. Mentre l’utile netto dell’intero anno si è attestato a 5 miliardi (+22,6%).
«Il contesto non è stato favorevole soprattutto per l’impatto dell’andamento della sterlina, anche se il nostro business preponderante è negli Stati Uniti» sottolinea Barra, aggiungendo: «Per il 2017 stimiamo che perduri la pressione sui cambi valutari. Èdifficile immaginare cosa può succedere con l’impatto di Brexit. Ma siamo pronti ad ogni scenario».
Quali sono le stime per il 2017?
Il gruppo stima un’ulteriore crescita con un utile netto adjusted per azione compreso tra 4,85 e 5,20 dollari. La nostra strategia è quella di continuare a siglare partnership prevalentemente negli Stati Uniti, come abbiamo fatto con Prime Therapeutics e Express Scripts, che ci permetteranno di essere più innovativi nella distribuzione dei farmaci. L’obiettivo è quella di creare una rete all’interno all’health care americano per accrescere il valore aggiunto sotto il profilo dei nostri risultati.
Valutate anche l’ingresso nell’azionariato di altre aziende?
Abbiamo stretto un’intesa con AmerisourceBerger, che ci ha portato, attraverso l’esercizio di due trance di warrant, a controllare una quota del 24%. Altri accordi, già siglati, non hanno ancora avuto influenza sui numeri di quest’anno ma li avranno sul 2017.
Guardate anche ad altre aree geografiche oltre agli Usa?
Abbiamo siglato un accordo in Corea del Sud per sviluppare il marchio Boots e continuiamo ad essere interessati in generale a tutta l’Asia. Così come all’America Latina, con particolare attenzione al Messico. Inoltre abbiamo investito in una partecipazione di minoranza in Russia.
L’Europa è un vostro target?
Siamo fortemente presenti con l’attività retail in Uk e in generale in Europa con la rete wholesale. In questo secondo caso, siamo i più grandi, con forti presenze ad esempio in Francia, Germania, Spagna e Portogallo e con una partecipata anche in Italia. Non siamo presenti come farmacie perché in questi paesi non è consentito avere catene retail nel nostro settore.
Due anni fa avevate dichiarato di essere pronti ad investire in Italia se la legge fosse cambiata. È ancora così?
Da due anni in Italia è al vaglio un disegno di legge in questa direzione, che però non è ancora stato approvato. Due anni fa eravamo interessati è vero. Ora dipenderà molto se e quando il ddl sarà approvato. Un gruppo industriale fa un piano d’investimenti basato non solo su strumenti finanziari ma anche su risorse umane. Quando arriverà, se arriverà, valuteremo se per l’azienda sarà ancora prioritario investire in Italia.
Il gruppo negli ultimi 10 anni è cresciuto per linee esterne, state valutando nuove acquisizioni?
Il gruppo è dinamico e in continua evoluziona ed è sempre attento a tutte le opportunità che si presentano e le valuta. Ma siamo anche molto attenti al ritorno sul capitale.
Avete comunicato un allungamento dei tempi nell’accordo per rilevare Rite Aid a fine gennaio 2017. Ci sono problemi?
Come azienda siamo confidenti sull’operazione, che ci porterà a diventare il primo gruppo Usa in termini di farmacie con mezzo milione di dipendenti. Ci sono solo tempi lunghi burocratici dell’antitrust, che hanno portato ad un’estensione della tempistica.
Il gruppo è anche impegnato in progetti di sviluppo sostenibile per cui siete stati premiati in settimana. Cosa vuol dire per un’azienda, che deve rispondere ai propri azionisti, impegnarsi in programmi di solidarietà?
Credo fortemente che un’azienda, per essere davvero grande, debba interessarsi anche del bene degli altri. Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere i nostri dipendenti in questi progetti. Per ogni vaccino contro il morbillo o la poliomelite fatto negli Usa, ad esempio, distribuiamo in paesi come Tanzania, Timor Est e Ciad vaccini ai bambini e siamo arrivati a quota 15 milioni. In Europa, invece, siamo impegnati sul fronte della lotta al cancro.