«Ho saputo da un amico che il mio libro era stato vietato. C’è un lato positivo in tutta questa faccenda: le vendite su Amazon sono schizzate alle stelle, cosa che accade spesso ai libri proibiti.»
Amy Ellis Nutt, classe 1955, ex giornalista del Washington Post e Premio Pulitzer, sorride ironicamente mentre parla. Il suo libro “Becoming Nicole”, pubblicato nel 2015 da Random House, è tra i testi messi al bando dalle scuole gestite dalla divisione educazione del Dipartimento della Difesa statunitense. 67mila studenti americani non potranno più leggere – almeno a scuola- il saggio della giornalista perchè «legato all’ideologia di genere». Comincia così l’attacco frontale di Trump ai diritti fondamentali.
Una storia potente
In Becoming Nicole, Amy Ellis Nutt racconta la storia vera di Nicole Maines, attrice statunitense e attivista per i diritti transgender, nota al grande pubblico per aver interpretato la supereriona Nia Nal nella serie Supergirl. Nicole era nata Wyatt, fratello gemello di Jonas. I due gemellini, fisicamente identitici erano però diversissimi fra di loro. Uno, Jonas era appassionato di sport, camion e molte altre cose considerate “da maschietti”, e l’altro, Wyatt, era attratto di più dalle barbie e adorava travestirsi e giocare alla Sirenetta.
Ad accorgersi della differenza fra i due fratelli già in tenerissima età, fu la madre adottiva Kelly Maines che insieme al marito Wayne avevano preso con sé i due bambini. I genitori cominciarono così un percorso di accettazione delle inclinazioni della figlia per nulla privo di ostacoli e andando oltre le proprie convinzioni. La forza straordinaria di questa storia, infatti, sta proprio in questo: i coniugi Maines non sono due atei progressisti, ma due conservatori – di cui il marito veterano dell’esercito-, che sono riusciti a superare paure e reticenze per abbracciare la vera natura del figlio.
La censura non è cosa nuova negli Stati Uniti
«Gli Stati Uniti, purtroppo, hanno una lunga storia di censura alle spalle. In passato sono stati vietati per motivi morali e religiosi, per esempio l’Ulisse di Joyce, i racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, le opere di Shakespeare, fino a Huckleberry Finn di Mark Twain. Purtroppo non è una novità, ancora oggi si vuole controllare il pensiero della gente» spiegae Amy Ellis Nutt raggiunta a Washington da Alley Oop.
Ma oggi c’è qualcosa di nuovo rispetto al passato. «La cosa più pericolosa di ciò che sta accadendo oggi è che sembra che siano i cittadini a rivolgersi ai distretti scolastici per vietare determinati libri, non è più una cosa limitata a qualche persona ma è una tendenza sempre più diffusa che si sta istituzionalizzando e non è un caso che ad essere banditi siano per lo più i testi sui diritti Lgbtq+».
L’ostilità verso la comunità Lgbtq+ e il disagio sociale
Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, infatti, i diritti Lgbtq+ hanno subito un duro colpo dopo il decreto che ha messo nero su bianco lo smantellamento dei programmi Diversity e Inclusion del governo federale. Le persone transgender, i neri, i latinos, subiranno le conseguenze di un decreto che mira a cancellare tutti quei progetti di diversità, equità e inclusione, promossi dall’amministrazione Biden e non solo, che secondo i più conservatori sarebbero discriminatori nei confronti di gruppi non minoritari come gli uomini bianchi. Alcuni rappresentanti di quella che possiamo definire maggioranza, dunque, si ritiene discriminata dalle tutele particolari che sono riconosciute alle minoranze.
Ma come è possibile? «E’ molto difficile da capire – risponde Nutt – ma in realtà, credo di averlo scoperto proprio scrivendo ‘Becoming Nicole’ e, nello specifico, intervistando per il libro, uno dei personaggi, Paul Molonson, il nonno che incita il nipote a molestare Nicole a scuola». Alla domanda sul perchè fosse contrario alle tutele delle persone transgender, lui ha risposto alla giornalista: «Perchè loro dovrebbero avere diritti che io non ho?».
«Era una risposta che non riuscivo a capire – racconta Nutt- lui non ha bisogno di essere protetto perchè non è transgender, ma poi sono andata a fondo e ho capito cosa intendeva dire». Tutto sta nel contesto sociale ed economico in cui molti americani vivono oggi nel loro paese: «Paul Molonson era il classico uomo bianco del Maine, operaio, in difficoltà economica che non veniva aiutato da nessuno, mentre vedeva associazioni, gruppi e politici che si adoperavano per tutelare quella minoranza. Da qui nasce il risentimento». Un risentimento che Donald Trump, evidentemente, ha saputo convogliare e sfruttare a proprio vantaggio nelle ultime elezioni presidenziali.
I diritti transgender nell’era di Trump
Per Amy Ellis Nutt, infatti, essere transgender oggi negli Stati Uniti di Trump è un problema più che mai: «Credo che sia diventato molto più difficile uscire allo scoperto. Le persone stanno molto attente a dove si mostrano per come sono e a come lo fanno». A rafforzare questa convinzione ci sono i dati. Ogni 45 secondi un giovane Lgbtq+ tenta il suicidio. Sono 1.920 ogni singolo giorno, 700.800 ogni anno. A dirlo sono gli attivisti di Rainbow youth project, organizzazione no profit che promuove i diritti degli omosessuali, bisessuali e transgender.
Secondo l’organizzazione, negli ultimi 12 mesi il 60% dei giovani trans e non binari ha commesso atti di autolesionismo e il 60% dei giovani Lgbtq+ che hanno cercato assistenza per la salute mentale, invece, non è riuscito a ottenerla. Inoltre, il 27% degli studenti transgender non si sente al sicuro ad andare a scuola, mentre il 24% dei giovani transgender americani ha subito vere e proprie minacce o è stato ferito con un’arma proprio in ambiente scolastico.
Più in generale i dati ci dicono che uno statunitense su 10 si riconosce nella comunità Lgbtq+ e la percentuale aumenta al 23% fra la Generazione Z.
La libertà di stampa in pericolo
Ma non sono in pericolo solo i diritti dei transgender e delle minoranze. Gli Stati Uniti stanno vivendo un momento di profonda crisi anche dal punto di vista della libertà di parola e di stampa. Qualcosa sta cambiando rapidamente come testimoniato dall’ultimo annuncio shock del proprietario del Washington Post, Jeff Bezos, che in un comunicato diffuso anche sui social ha informato i suoi giornalisti che il quotidiano comincerà a pubblicare esclusivamente articoli con posizioni favorevoli alle «libertà personali» e al «libero mercato».
Bezos ritiene che il compito del giornale non sia più quello di dare spazio a qualsiasi opinione, un «servizio pubblico», questo, che, secondo lui, ora è «svolto da internet». Ma cosa vuol dire esattamente? «Scriveremo ogni giorno a sostegno e in difesa di due principi fondamentali- si legge nel comunicato- : le libertà personali e il libero mercato. Naturalmente tratteremo anche altri argomenti, ma lasceremo che siano altri a pubblicare i punti di vista contrari a questi principi».
Le reazioni all’annuncio di Jeff Bezos
Subito dopo l’annuncio di Bezos sono arrivate le prime eccellenti dimissioni. Una fra tutte quella di David Shipley, il direttore della sezione delle opinioni del Washington Post, al giornale dal 2022. Ma molti altri sono già pronti a fare le valigie. «Ho sentito dei colleghi che ci lavorano ancora e sono sconvolti – racconta Amy Ellis Nutt – Dall’inizio dell’anno molti giornalisti hanno lasciato il quotidiano. Alcuni sono andati al New York Times, altri a Politico, altri ancora alla CNN, e il mio timore è che se ne andranno tanti altri».
Amy Ellis Nutt è stata giornalista del Washington Post dal 2014 al 2018 dove si è occupata di salute, scienza e ambiente, e proprio nel prestigioso quotidiano americano ha concluso la sua carriera giornalistica. «Ho avuto la fortuna di concludere la mia carriera in uno dei migliori giornali di questo Paese e vedere quello che sta accadendo, mi spezza il cuore.- dice la giornalista – ciò che ha fatto Jeff Bezos è fondamentalmente opposto a ciò che i proprietari dei giornali dovrebbero fare. Ovvero restare fuori, soprattutto dalle pagine di opinione. E’ una brutta china. Cosa farà la prossima volta? Comincerà a stabilire quali sono le notizie da coprire e quali no?».
Gli autori delle pagine di opinione del Washington Post lavorano separatamente dagli altri colleghi. Si evita così ogni contatto al fine di non subire alcuna influenza. Un’imparzialità sacra che adesso potrebbe essere in pericolo.
Un futuro incerto
Il futuro dei diritti e delle libertà negli Stati Uniti sembra incerto. Ma per Amy Ellis Nutt le cose possono ancora cambiare: «penso che usciremo da questa situazione nella misura in cui i cittadini, i giudici e il Paese intero resisteranno». Eppure oggi più che mai il motto del Washington Post che campeggia sulla sua prima pagina, sembra suonare come un vero e proprio avvertimento: «La democrazia muore nell’oscurità». Quella americana ha le ore contate?
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