«La chiave per risolvere la sovrappopolazione umana è l’empowerment femminile, a livello culturale sociale, medico, di prevenzione familiare, accesso al lavoro e all’istruzione e diritti riproduttivi. In generale, per avere una società moderna, in salute e che funziona». La pensa così il giornalista scientifico Alfonso Lucifredi – intervistato da Alley Oop -, che a lungo, da «naturalista di formazione», si è interrogato sulle conseguenze dell’espansione della nostra specie sugli ecosistemi, sulla Terra e sui nostri diritti. Gran parte delle sue domande e dei suoi spunti di riflessione sono raccolti nel saggio “Troppi. Conversazioni sulla sovrappopolazione umana e sul futuro del pianeta”, uscito a ottobre per Codice Edizioni, in cui Lucifredi intervista esperti di vari settori per offrire una prospettiva unica e approfondita su uno dei problemi più pressanti della nostra epoca.
Se davvero infatti nel 2100 la popolazione mondiale toccherà i 10 miliardi, serve capire «in che modo arriveremo a tagliare il traguardo più che celebrare il traguardo in sé. Se riusciremo a raggiungerlo cercando di non lasciare indietro nessuno, invece di favorire come sempre i soliti, pochi fortunati, se capiremo come vivere in armonia con gli esseri viventi non umani senza danneggiarli per i nostri soli interessi», scrive Lucifredi nelle conclusioni del saggio. «O se perlomeno faremo tutto quello che è nelle nostre capacità per trovare un equilibrio con il meraviglioso pianeta che abitiamo, questo traguardo avrà ben altro valore».
Parlare di sovrappopolazione
«Chi studia la natura, come me, è più propenso a capire che qualcosa di strano in un mammifero che riesce a raggiungere gli 8 miliardi», spiega Lucifredi ad Alley oop. Tuttavia, al di là dello stupore, la preoccupazione per la sovrappopolazione globale sta diventando sempre più diffusa. Per esempio, la crisi climatica e l’esaurimento delle risorse della terra stanno spingendo molti giovani, colpiti dall’ecoansia, a rivedere la scelta di avere figli. Il tema rimane però ancora controverso da discutere. Chi lo fa «sembra intrinsecamente razzista o classista perché va a prendersela con i Paesi che per motivi sociali e culturali storicamente fanno più figli. La soluzione però non è non parlarne», spiega il giornalista.
Da una parte, bisogna che «un’esigua minoranza di ricchi che ha il maggiore impatto sulla terra lo riduca, e di tanto». Dall’altra però, secondo Lucifredi, «bisogna fare i conti con il fatto che miliardi di persone con la crescita economica ambiranno allo stile di vita dei Paesi Europei. Vorranno una macchina, una casa moderna e, in qualche modo, anche ad avere un maggiore impatto. Bisogna confrontarsi anche su questo».
Trovare prospettive comuni
Trovare una prospettiva comune per affrontare il problema della sovrappopolazione e delle sue conseguenze è urgente. «Quello che ci permette ancora di crescere è che ci siano ancora risorse non rinnovabili da estrarre», per esempio i combustibili fossili, dice il giornalista. «Al momento stiamo erodendo riserve di vario genere. Produciamo moltissimi scarti, miniamo la salute degli ecosistemi, gli oceani stanno diventando sempre più acidi. Insomma, stiamo sfruttando il bonus che la Terra sia piuttosto estesa». Prima o poi però dovremo fare conti con i problemi che stiamo evitando: «le fonti energetiche», per esempio, «non saranno più così semplici da trovare».
Tuttavia, Lucifredi non è «catastrofista. Sono preoccupato di futuro ecosistemi e biosfera», dice. «Più l’umanità cresce e si sviluppa più la biosfera viene erosa. Non ho mai visto l’uomo che si espande e la natura che diventa migliore». I rischi non sono tanto per l’umanità, «che se la caverà» senza guerre disastrose o nuove pandemia. Quando arriveremo a 10 miliardi, «non sappiamo che futuro ci sarà per le altre specie». In parte potrebbe aiutare ad ampliare le riflessioni e a trovare possibili soluzioni, «avere una visione globale, che non si fermi al nostro orticello». Per esempio, in Italia «continuiamo a dire che si fanno figli e bisognerebbe farne di più», quando uno Stato come la Nigeria entro il 2100 raggiungerà gli 800 milioni di persone.
Tecnologia e cultura
Un approccio olistico e comune è quello che servirebbe, secondo il giornalista, anche alle Cop, le Conferenze delle parti organizzate dall’Onu. Uno dei pochi momenti nei quali si discute di su ambiente e clima, «anche se è molto difficile mediare tra realtà lontane», come un Paese polinesiano e uno del mondo occidentale. In questo caso la politica, anche se appare spesso fragile e in cerca di compromessi, può essere utile. Tuttavia, «non sono troppo ottimista», ammette Lucifredi. In passato i tentativi delle Nazioni del mondo di convincere le loro popolazioni non solo sono stati fallimentari, ma hanno violato i diritti civili», ricorda il gionralista. «È il caso della politica del figlio unico in Cina» o dell’attuale promozione delle nascite in Ungheria. Invece la tecnologia per Lucifredi è un elemento di speranza: «Ci saranno innovazioni inimmaginabili sull’agricoltura, l’informatica, la comunicazione e non possiamo prevedere il loro impatto».
La cultura – che passa soprattutto dai diritti delle donne – però avrà un ruolo ancora più importante. «Una delle interviste più significative del mio libro è a Serena Fiorletta, antropologa culturale che lavora per Aidos (organizzazione che collabora con Unfpa sui diritti femminili)», racconta il giornalista. «Mi ha fatto riflettere sui tantissimi aspetti del legame tra emopowement femminile e sovrappopolazione. A partire dal fatto, che la cultura tradizionale vuole che le donne facciano tanti figli, si sposino presto. Questo chiude le opportunità a milioni di donne interessate a studiare o a lavorare». Proprio l’empowerment, «un termine più forte della semplice emancipazione» che libera la donna dagli obblighi sociali e culturali, può essere quindi il punto di partenza «per una società che rispetti tutti» e rallenti il suo consumo di risorse, senza lasciare indietro nessuno.
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