Viviamo in un mondo in cui ogni anno quasi 5 milioni di bambini muoiono prima di aver compiuto cinque anni. È come se, spiega Cesvi, ogni anno sparisse l’intera popolazione italiana di età compresa tra 0 e 10 anni. Tra le cause principali, l’aumento dell’insicurezza alimentare acuta e il rischio di carestia, i cui effetti colpiscono i bambini già nei primi giorni di vita o addirittura ancor prima della nascita.
La situazione è in peggioramento dal 2016, anno in cui i progressi segnalati dal Ghi – Global Hunger Index si sono arrestati. In alcuni Paesi si sono registrate addirittura delle inversioni di tendenza. Due i fattori maggiormente impattanti: la crisi climatica e le guerre.
Il Ghi – Global Hunger Index
A livello mondiale, 148 milioni di bambini soffrono di arresto della crescita, 45 milioni sono deperiti e quasi 5 milioni muoiono prima di aver compiuto cinque anni. Sono queste le principali evidenze dell’ultima edizione dell’Indice Globale della Fame 2024 (Global Hunger Index – Ghi) rese note in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia, momento di azione globale istituito da Unicef per diffondere consapevolezza sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Il rapporto misura la fame nel mondo. L’edizione italiana è curata annualmente da Cesvi, ma il lavoro viene redatto con il coinvolgimento di varie organizzazioni umanitarie tra cui anche Welthungerhilfe e Concern Worldwide (partner di Cesvi nel network europeo Alliance2015) e, da quest’anno, l’Institute for International Law of Peace and Armed Conflict.
Gli indicatori su cui l’indice si basa sono quattro: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Quest’anno il punteggio Ghi globale è di 18.3 con 6 Paesi (Somalia, Burundi, Ciad, Madagascar, Sud Sudan e Yemen) in cui è stato riscontrato un livello di fame allarmante e in ulteriori 36 un livello grave. «I progressi compiuti nella lotta contro la fame tra il 2000 e il 2016 dimostrano che un miglioramento sostanziale è possibile. Purtroppo dal 2016, quando il punteggio Ghi globale era 18.8, i progressi si sono arenati», dice il direttore generale di Cesvi, Stefano Piziali, a commento degli ultimi dati.
La scala di gravità della fame
In ben 2 terzi dei 130 Paesi esaminati nell’edizione 2024 del Ghi, la denutrizione non ha registrato miglioramenti o è addirittura aumentata. In particolare, in 22 Paesi è stato rilevato un peggioramento rispetto al 2016 e in 5 Paesi (Venezuela, Siria, Libia, Giordania e Figi) addirittura anche rispetto al 2000.
Si stima che, al ritmo attuale, nel 2030, 582 milioni di persone saranno ancora cronicamente denutrite. La metà di loro vivrà in Africa. Il numero è paragonabile alla popolazione denutrita nel 2015, anno in cui però il mondo si era impegnato a eliminare la fame su un orizzonte temporale di 15 anni. Un obiettivo che si allontana sempre più.
I bambini cominciano a subire gli effetti della fame già nei primi giorni di vita o addirittura ancor prima della nascita. Secondo il Rapporto Globale sulle Crisi Alimentari 2024 di Fsin la malnutrizione infantile è infatti strettamente correlata a quella materna e sono oltre 9 milioni le donne e le ragazze che soffrono di malnutrizione acuta in gravidanza e durante l’allattamento, con conseguenze anche per la salute dei neonati.
Milioni di bambini nel mondo anche nel 2024 soffrono la fame con esiti che arrivano ad essere fatali. In 5 Paesi dell’Africa la mortalità infantile continua ad essere superiore al 10%: in Somalia, Niger, Nigeria, Ciad e Sierra Leone 1 bambino su dieci non supera i 5 anni di vita.
L’insicurezza alimentare acuta si sta rapidamente aggravando, con condizioni di carestia in crescita, in diversi stati e territori, tra cui Gaza, Sudan, Haiti, Burkina Faso, Mali e Sud Sudan. Solo Bangladesh, Mongolia, Mozambico, Nepal, Somalia e Togo hanno assistito a dei miglioramenti.
Maglia nera ad Haiti, tra i Paesi con i maggiori aumenti nei punteggi Ghi tra il 2016 e il 2023. I livelli di fame stanno aumentando drasticamente, mentre il Paese affronta una serie di shock concomitanti, tra cui piogge irregolari, inflazione e turbolenze politiche che generano violenze sfollamenti interni.
«Otto anni fa abbiamo raggiunto un picco positivo nella lotta alla fame e alla malnutrizione. Poi la situazione è peggiorata sostanzialmente per due fattori: le guerre, tra cui i conflitti regionali e le guerre dimenticate in cui affamare la popolazione è utilizzato anche come arma di guerra, e i cambiamenti climatici che costringono le popolazioni a migrare», commenta Roberto Vignola, vicedirettore generale di Fondazione Cesvi ad Alley Oop.
Questi due fattori, sempre più frequenti e violenti, in un solo anno hanno fatto aumentare i livelli di malnutrizione di oltre 200 milioni di persone.
L’infanzia è un campo di battaglia
Tutti i bambini del mondo nascono con gli stessi diritti – come vuole la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, secondo cui ogni bambino nasce con lo stesso diritto inalienabile a un inizio di vita sano, a un’istruzione e a un’infanzia sicura e protetta – ma di fatto non tutti hanno le stesse opportunità di vederli rispettati.
La disuguaglianza è estremamente alta. Un dato su tutti: secondo il World Economic Forum, 1 bambino nato in uno dei Paesi più poveri ha 1 probabilità su 10 di morire entro i primi 5 anni di vita. Nei paesi ricchi, il tasso di sopravvivenza raggiunge il 99,8%.
In un mondo sempre più instabile – con il 2023 che ha visto il numero più alto di guerre tra stati (59) dal 1946 – ci sono bambini che, a causa dei conflitti in corso, sono costretti a fuggire dalle proprie case, interrompere la scuola e correre rischi quali uccisioni e mutilazioni, reclutamento da parte di gruppi armati, violenze sessuali, rapimenti, attacchi a scuole e ospedali. Secondo Save The Children il numero di gravi violazioni contro i bambini nei conflitti nel 2023 ha raggiunto un nuovo picco arrivando a 86. Il Children Affected by Armed Conflict redatto dal Peace Research Institute Oslo, conta quasi 2 miliardi di bambini che vivono in un Paese in guerra e circa 473 milioni – più di 1 su 6 – che vivono entro 50 km da uno scontro armato.
La situazione più grave si registra nel continente africano, dove 181 milioni di bambini vivono in Paesi coinvolti in crisi armate. In 5 Stati dell’Africa Subsahariana, oltre 1 bambino su 10 muore prima dei cinque anni.
La situazione è particolarmente critica in Sudan, dove quasi 9 milioni di bambini vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare e oltre 700mila abitanti al di sotto dei 5 anni sono a rischio di morte. Mentre il numero più alto di bambini che vivono in zone di conflitto rispetto all’intera popolazione infantile si trova in Medioriente. In entrambe le zone Cesvi opera con i suoi programmi. In particolare nella Striscia di Gaza l’organizzazione sostiene la popolazione attraverso la distribuzione di acqua e cibo e con interventi, anche strutturali, per ripristinare il sistema fognario.
Crescere al tempo della crisi climatica
Mentre i leader del G20 si riuniscono a Rio de Janeiro per parlare di finanza climatica e proseguono i lavori della conferenza sul clima Cop29 a Baku, 1 miliardo di bambini è a rischio a causa delle conseguenze della crisi climatica.
Secondo il rapporto Unicef La crisi climatica è una crisi dei diritti dei bambini, ogni anno, i fattori ambientali tolgono la vita a 1,7 milioni di persone di età inferiore a 5 anni. Nonostante la loro vulnerabilità, i più piccoli sono i grandi assenti nella risposta al cambiamento climatico. Solo il 2,4% dei finanziamenti per il clima provenienti dai principali fondi multilaterali sostiene progetti che incorporano attività a misura di bambino, denuncia l’agenzia. Proprio intervenendo alla Cop29, Catherine Russell, direttrice generale di Unicef, ha sottolineato che i bambini sono i meno responsabili di queste crisi, ma sono quelli che sopportano il peso maggiore.
In 6 anni oltre 43 milioni di bambini, circa 20mila al giorno, sono stati costretti ad abbandonare le proprie case a causa di disastri meteorologici, con forti ripercussioni su tutti gli aspetti della loro vita: il diritto al cibo e l’accesso all’acqua, all’assistenza sanitaria e all’istruzione.
Con riferimento alla formazione, secondo un report della Banca Mondiale, sono 400 milioni gli studenti in tutto il mondo che hanno subito la chiusura delle scuole a causa di condizioni meteorologiche estreme. Anche stavolta i Paesi a basso reddito sono i più colpiti, con 18 giorni di scuola persi in media all’anno, rispetto ai 2,4 giorni delle nazioni più ricche.
Gli effetti del cambiamento climatico (siccità, ondate di calore e crisi idrica) esacerbano la povertà a causa della perdita dei mezzi di sussistenza, che, a loro volta, si riflettono sulla vita dei bambini con maggiori rischi di andare incontro a pericoli quali lavoro minorile, matrimoni precoci o forzati, vulnerabilità alla tratta e allo sfruttamento.
A livello geografico, la situazione è particolarmente critica nell’area del Corno d’Africa, alle prese con una crisi climatica estrema, segnata dall’alternarsi di lunghissimi periodi di siccità e devastanti inondazioni. Qui, dice Vignola «l’insicurezza alimentare e la malnutrizione dei bambini comincia già nel grembo materno». In Somalia, il livello di malnutrizione è ormai gravissimo e stagioni consecutive di scarse precipitazioni, problemi di sicurezza, gli effetti della guerra in Ucraina sulle derrate alimentari e conseguenze dei cambiamenti climatici hanno spinto le comunità più vulnerabili al limite, come spiega il portavoce di Cesvi. Nel Paese, dove l’organizzazione opera con 3 centri di salute, oltre 3 bambini su 100 muoiono entro i 28 giorni di vita. 4 su 100 prima dei 4 anni.
In Italia
Alla condizione dell’infanzia nel nostro Paese è dedicata la XV edizione del volume L’Atlante dell’Infanzia (a rischio) di Save The Children. Al centro c’è il tema della povertà e le sue sfumature.
I dati dell’associazione rilevano un peggioramento nelle condizioni di vita dei bambini italiani. L’8,5% vive in condizioni di povertà alimentare, fa sapere l’associazione. Vale a dire, 200mila bambini tra 0 e 5 anni vivono in famiglie che non riescono a garantire loro almeno un pasto proteico ogni due giorni. Quasi 1 bambino su 10 (il 9,7% del totale) ha sperimentato invece la povertà energetica e risiede cioè in case che non garantiscono un adeguato riscaldamento nel periodo invernale.
Il 13,4% dei bambini e delle bambine tra 0 e 3 anni è in povertà assoluta.
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