Violenza, a processo il branco dello stupro di una tredicenne a Catania

A Catania quella di martedì 24 settembre è stata la giornata del processo, anzi dei processi, al branco dello stupro della Villa Bellini.

I fatti sono del 30 gennaio scorso quando, nel parco antico della città che si trova incastonato in mezzo ai palazzi barocchi del centro storico, un gruppo di sette/dieci ragazzi stuprava una tredicenne. Accerchiati e aggrediti, lei veniva stata trascinata a forza dentro i bagni pubblici mentre il fidanzatino che l’accompagnava era spintonato, immobilizzato e minacciato di morte.

Per uno dei due imputati minorenni – quello che da subito aveva collaborato alle indagini – il gip aveva disposto i domiciliari con braccialetto elettronico. Per i quattro maggiorenni, convalidato il fermo, era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere, proprio in considerazione – oltre che del pericolo di reiterazione delle condotte e di quello concreto e attuale della fuga – dell’estremo livello di pericolosità sociale, in quanto capaci di approfittare della condizione di inferiorità fisica delle vittime.

Tre i processi per violenza sessuale di gruppo

I giudizi che si celebreranno sono tre: uno con rito abbreviato dinanzi al gup, Giuseppina Montuori; uno con rito ordinario dinanzi alla seconda sezione penale del tribunale di Catania, presieduta dal giudice Santino Mirabella che ha disposto che il processo sia condotto a porte chiuse; l’altro dinanzi al tribunale per i minorenni.

Il capo d’imputazione è violenza sessuale di gruppo. Quale sia stato nell’abuso il ruolo preciso di ciascuno degli imputati non è circostanza dirimente. La Suprema Corte di Cassazione chiarisce in un provvedimento recente che non è necessario che l’atto sessuale sia compiuto contemporaneamente da tutti i partecipanti, rilevando piuttosto che l’abuso avvenga alla presenza di tutti quelli, in grado di paralizzare la reazione della vittima; ciò che conta insomma non è che via sia stato un accordo preventivo dei partecipanti, quanto invece la consapevole adesione, anche estemporanea, al progetto criminoso.

Ed è precisamente questo ciò che si ritiene sia accaduto nei fatti di gennaio, per cui sussistono gravi indizi di colpevolezza contro gli imputati.

La vicinanza della città e il sostegno alla ragazza

Mentre dal palazzo di giustizia arriva il rinvio a ottobre dei vari tronconi del processo, la città in qualche misura reagisce.

All’udienza, a fianco delle vittime, hanno formalizzato costituzione di parte civile (sulla cui ammissibilità i giudici si sono riservati) i due centri antiviolenza della città, Thamaia e Galatea, un’altra associazione oltre al comune di Catania.

Anche la rete femminista si è mossa, come aveva già fatto in precedenti processi, e in queste ore ha diffuso un comunicato per manifestare vicinanza e sostegno alla ragazzina e al fidanzatino:

“Per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa”.

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