#Unimpresadadonne, la moda sana di Filobio che fa bene alla natura e ai bambini

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«Creare e vendere abbigliamento per neonati significa immergersi in un mondo di consuetudini e tradizioni. Mi piace capire cosa c’è dietro la richiesta di una mamma: ci sono abiti e colori simbolici o doni che portano fortuna. È affascinante vedere come la nascita porti con sé qualcosa di magico e molto profondo». racconta così il cuore del suo lavoro Paola Alluvione, proprietaria di  Filobio, marchio di abbigliamento per bambini da zero a quattro anni che fa dell’ecosostenibilità uno dei suoi punti forti. L’azienda utilizza solo fibre naturali, lavorazioni non impattanti per l’ambiente e tessuti italiani di alta gamma con una predilezione per il cotone biologico, «la fiamma che ha acceso l’idea del progetto», dice l’imprenditrice.

Filobio, che ha dieci collaboratori e nel 2018 ha fatturato 500mila euro, restituisce una dimensione del fare impresa artigianale e attenta ai dettagli. Dalla sua sede di Alba collabora con fornitori di tessuti e laboratori a gestione familiare prevalentemente piemontesi e distribuisce i suoi prodotti attraverso boutique e negozi tradizionali. Oggi sono circa un centinaio i punti vendita che commerciano gli abitini di Filobio, molti dei quali concentrati nel nord Italia, a cui si aggiunge l’ecommerce che pesa per un 20% sul fatturato. Le vendite all’estero sono ancora limitate ma il marchio si è fatto conoscere in Giappone da dove arrivano diversi ordini.

filobio-shot-3Filobio nasce nel 2006 dall’intuizione di Anna Cantarelli che, trovandosi in India per studiare yoga, contribuisce a creare una cooperativa di 1500 contadini che abbandonarono la produzione tradizionale di cotone per passare al metodo biologico. Secondo uno studio dell’Environmental Justice Foundation in India, dove vivono più coltivatori di cotone di qualsiasi altro Paese nel mondo, solo il 5% delle terre coltivate è adibito a questa pianta ma la sua produzione rappresenta da sola la metà del consumo di pesticidi. La conversione al biologico permetteva ai contadini un guadagno superiore medio del 20-25% oltre a salvaguardare l’ambiente e la propria salute. Degli inizi Alluvione ricorda: «Filobio è nata per portare il cotone bio anche in Italia che all’epoca era una novità. Era specializzata in abiti e tappetini per lo yoga ma fin da subito molte mamme chiedevano ad Anna del tessuto per confezionare tutine per bambini e così ha seguito le esigenze del mercato. Io sono entrata nella società nel 2010, mi sono innamorata del progetto e l’ho rilevata». Anche nei primi anni sotto la gestione di Paola Alluvione la produzione è rimasta in India ma in un secondo momento è stata spostata in Italia per porre maggiore attenzione sul gusto e l’artigianalità tipici del made in Italy oltre a contribuire a creare ricchezza sul territorio. Inoltre al cotone si sono affiancati altri filati naturali come lino e canapa per le stagioni calde, lana merino e cashmere per quelle fredde.

L’attenzione di Filobio per la scelta dei tessuti da utilizzare per confezionare i capi è molto alta perché i destinatari dei prodotti sono soprattutto neonati che proprio attraverso il tatto e la pelle nei primi mesi di vita si aprono alla conoscenza del mondo. Per questo motivo l’azienda monitora ogni fase della produzione e per l’approvvigionamento delle stoffe si affida a fornitori che hanno aderito alla associazione “Tessile e salute” che dal 2001 si occupa di eco-tossicologia nel settore della moda. A sua volta Filobio è stata la prima azienda italiana di abbigliamento per neonati e bambini ad aver ottenuto questa certificazione nel 2014. Paola Alluvione ha sposato un modo innovativo e responsabile di concepire la moda. «Faccio impresa – racconta – seguendo i miei valori. So che mi rivolgo a una nicchia di persone, ma non potrei lavorare in altro modo. É il mio modo per mandare un messaggio di consapevolezza». Il rispetto per l’ambiente rimane centrale non solo nel modo di fare impresa ma anche nella quotidianità dell’imprenditrice: «Essere ecosostenibili per me è un’attitudine. Si inizia stando attenti a scegliere il tessuto o il prodotto che non inquina e poi l’impegno diventa un’attenzione che condiziona anche i minimi gesti quotidiani». Gli abitini delle collezioni Filobio vengono spesso donati alla nascita perché «non si sta regalando un semplice pigiamino ma si manda un messaggio, oltre che di bellezza e cura, anche di salute. É come si vorrebbe il mondo per i propri figli», spiega. L’azienda lo scorso anno ha venduto 20mila pezzi. Tra i più apprezzati c’è il set nascita, un corredino in cotone bio con l’essenziale per i primi giorni di vita del bimbo, mentre il capo iconico della griffe è il giacchino in lana merino Elfo.

img_3012Ci sono passioni che Paola Alluvione si porta dentro da sempre. Ai tempi dell’università, quando frequentava la facoltà di giurisprudenza, ricamare e cucire erano il suo svago. Oggi come all’epoca, spiega, le attività manuali la rilassano e la creatività è la sua valvola di sfogo. Ma a differenza degli anni passati sui libri di diritto oggi per lei stoffe, modelli e decori sono il pane quotidiano e, essendo a capo di una piccola azienda, sovrintende tutte le attività. «Ciò che mi piace del mio lavoro è la sua ciclicità: dopo l’uscita della collezione seguo la vendita, incontro i clienti e il confronto mi serve tantissimo per migliorare. Nel frattempo seguo i laboratori, gestisco la produzione e parlo con i sarti. Infine c’è il lavoro creativo che è costante ma per me è relax: vado alla ricerca di ispirazione, prendo appunti durante il giorno e poi la sera o nel weekend creo» racconta.

Da quando l’imprenditrice ha rilevato l’azienda quasi dieci anni fa le difficoltà sono state molte, confida. Con un passato in un grande gruppo tessile, prima, e nell’attività storica di famiglia, poi, agli inizi dice «è stato come stare sola su una zattera nell’oceano». E aggiunge: «Le decisioni di prendere erano molte, anche a livello finanziario, e in tempi stretti perché il settore moda va a un ritmo molto veloce. Poi agli inizi ho dovuto conquistare un’identità riconoscibile. É stato necessario perché gli operatori del settore mi conoscessero, si fidassero di me e mi facessero spazio nella loro attività». E poi c’è il capitolo dei rapporti con le banche, che non sono stati facili. Per comprare la società nel 2010 Alluvione ha impiegato il proprio capitale derivante dalla vendita di un immobile ma nel corso dei primi anni è stato necessario comunque appoggiarsi agli istituti di credito per supportare il ciclo produttivo. Di quel periodo racconta: «Sono stati anni molto duri. Da un lato gli affari stavano andando bene e le collezioni piacevano, dall’altro non riuscivo a gestire il rapporto con le banche e i finanziamenti». Con un filo di amarezza nella voce continua: «È stato umiliante chiedere ai miei genitori di garantire per me a 40 anni. Gli istituti potevano non credere nel settore, ma non c’era motivo per non avere fiducia in me. Senza le spalle coperte, aprire una propria attività rischia di essere un sogno che molte persone non possono permettersi». L’imprenditrice in futuro non esclude la possibilità di aprire il capitale della sua società a investitori esterni, ma a una condizione: «se il progetto Filobio può continuare nel suo percorso etico e viene rispettato l’intento iniziale perché rifiutare la possibilità di espandersi e arrivare dove magari con le mie sole forze non riuscirei», dice. L’apertura è anche nei confronti di possibili collaborazioni con altre aziende o designer per cui è stato anche creato lo speciale logo “Filobio+”. Dei progetti futuri dice: «vorrei  fare crescere il marchio anche in altri settori: quest’anno abbiamo lanciato una linea per lo yoga ma vorrei anche dedicarmi a capi per la donna o per la casa, inserendomi in piccole nicchie dove naturalità e cura dei capi sono valori apprezzati». L’incontro con altri professionisti è occasione di arricchimento per la stilista e un recente incontro casuale nei dintorni della Val Maira (Cuneo) ha gettato le basi per una nuova collaborazione con un allevatore di alpaca per creare sacchi nanna e trapuntine con il morbido pelo di questi animali che vivono a pochi chilometri dalla sede di Filobio.

alluvione-orizzontaleIl futuro del tessile per Filobio è fatto di studio e innovazione, con particolare attenzione a processi di tintura meno inquinanti e a fibre naturali che devono adattarsi alle esigenze moderne. L’azienda stessa durante l’ultima edizione di “Pitti bimbo” ha presentato lanciato l’ecotec, un tessuto innovativo prodotto da una ditta di Biella che arriva dal riciclo di fibre di cotone provenienti da altre lavorazioni; mentre per la collezione primavera estate 2019 ha introdotto il tencel, una fibra naturale ricavata dalle foglie dell’eucalipto trattata con metodi di lavorazione poco invasivi. E per il cotone biologico, che rappresenta solo lo 0,1% del totale coltivato nel mondo oggi, è ancora lunga la strada da percorrere per farsi conoscere. «Sono filati – spiega – che stanno incontrando un largo favore da parte del pubblico, ma la nostra particolarità o forse piccola follia è applicarli alla moda bambino». Per Paola Alluvione essere imprenditrice vuol dire questo: svegliarsi la mattina con  la consapevolezza che una propria idea per quanto possa sembrare irrealizzabile possa diventare realtà grazie all’impegno quotidiano. Dal punto di vista dell’innovazione, spiega l’imprenditrice, «il settore tessile si trova di fronte a una sfida intrigante: trattare i filati naturali per dare loro proprietà che altrimenti non avrebbero, come l’impermeabilità, per portarli a livelli di performance molto alti. Oppure mettere a punto mix di fibre che ricreano l’effetto sintetico rimanendo nella naturalità e senza andare a prelevare dal petrolio».


La storia di Filobio fa parte del progetto “Un’impresa da donne”, realizzato da Alley Oop in collaborazione con Istituto Oikos, da cui è nato l’ebook scaricabile gratuitamente cliccando sulla foto qui di seguito.

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