Tra un secondo suonerà la campanella. Entrerete alla spicciolata, i piccoli gruppi di chi già si conosce, i visi spaesati dei nuovi, qualcuno tenendosi per mano per farsi coraggio.
A me la mano non la tiene più nessuno, da tanto. Per questo ho voluto essere qui per primo, nell’aula ancora vuota, a chiedermi quanto saprò darvi nel corso dei lunghi mesi che ci vedranno condividere questi pochi metri quadrati.
L’aula ha un odore inconfondibile. Lo stesso che sento da quando ho iniziato, molti anni fa. Lo stesso sin da quando mi avevano spedito così lontano, in quel paesino di collina di cui non avevo mai sentito nemmeno il nome, in una Regione per me sconosciuta e che a poco a poco è diventata casa mia. Odore di gesso, di ardesia, di carte geografiche plasticate e di banchi graffiati.
Poco importa se ora in qualche classe ci sia la lavagna elettronica. O in quelle più fortunate addirittura dei tablet. O, molto più spesso, che ci sia nell’aria polvere d’intonaco che si stacca. O che i voti siano lettere, numeri o giudizi. L’odore resta lo stesso. E’ l’odore dell’infanzia, della mia, della vostra. E’ la visione di un mondo che si apre al ritmo dello scorrere dei gessetti sulla lavagna, che prosegue nelle corse nei corridoi, nelle merende sbriciolate sui banchi, che si chiude quando siamo tutti esausti con l’ultima campanella.
Metto in fila tutti i visi dei bimbi che ho incontrato prima di voi. I più bravi, che devi sforzarti di far sentire speciali senza che il resto della classe arrivi ad odiarli; i più difficili, che devi far sentire speciali perché così diventeranno meno difficili. Quelli che ti hanno dato tanto, tantissimo, anche solo coi loro silenzi. Quelli che ti cercano ancora, ora che sono genitori a loro volta.
Tra un secondo suonerà la campanella che fa iniziare il vostro primo anno di scuola e il mio ultimo di insegnamento. So già cosa vi dirò.
Bimbi che tra poco entrerete, avete tutto da scoprire. Avete un mondo meraviglioso da cui rubare un morso ogni giorno e il mio unico dovere è fare in modo che questo mondo abbia un gusto gradevole e che ne siate sempre più golosi.
Non smettete mai di imparare. Se vi dicono che non serve, che ci sono altre vie o esistono scorciatoie, non credeteci. Mia mamma diceva sempre, nel suo dialetto: “Prendi su e metti là, che il suo momento verrà.” Perciò, anche se avrete l’impressione di imparare cose che non vi serviranno mai, voi imparatele lo stesso. Perché solo un’impressione, appunto. Come nelle case, la parte più importante sono le fondamenta che non si vedono. E voi state gettando le fondamenta di ciò che sarete.
Prima di lasciarvi convincere che conoscere non serve, cercate di conoscere tutto ciò che potete. Diventerete grandi sentendovi meglio, e vivremo in un luogo migliore. Per un insegnante quasi in pensione come me, e soprattutto per i figli che un giorno deciderete di mettere al mondo.
Tenete sempre a mente una frase di Pablo Picasso: “Impara le regole come un professionista, affinché tu possa infrangerle come un artista.” Le bombe nascono dall’ignoranza, che non è non conoscere, ma è non avere fame di conoscere.
E la violenza e l’intolleranza sono la risorsa di chi non ha altri argomenti.
Ricordatelo sempre.