“È tutta la vita che ballo. Ho iniziato con la danza classica ma a un certo punto ho preso la sbarra e l’ho messa in verticale!”. Così Giada Accorti mi racconta il suo inizio nel mondo della pole dance. Apparentemente nulla di più semplice, in verità un guerra tra muscoli e forza di gravità. La pole dance è infatti una danza acrobatica che si svolge attorno a una pertica di tre-quattro metri.
Sbagliato confonderla (e sminuirala) con la lap dance dei night club. Sì, è vero, le versioni cosiddette ‘Fun’ si fanno sui tacchi e l’abbigliamento è sicuramente un pò succinto, ma basta osservare le atlete senza pregiudizi, per rendersi conto che ci sono altre ragioni (minor attrito con la sbarra, sforzo fisico e quindi calore) che spingono ad adottare certi indumenti. Pregiudizi a parte, la storia di Giada Accorti racconta a chi ha voglia di sentirla il vero volto della pole dance. Ma partiamo dall’inizio: da quando Giada era solo una bambina…
Danza, classica, moderna, jazz: si potrebbero riassumere così gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza di questa ragazza di Torino finché un video su Youtube non arrivo a sconvolgere le cose. Era infatti il 2012 quando Giada, vide per la prima volta la pole dance e decise di provare anche lei a girare intorno a quella famosa sbarra. Inutile dire come andò: scoppiò un amore a doppio senso.
Sì perché Giada si innamorò della pole dance ma a quanto pare anche la sbarra di lei visto che dopo pochi mesi, a giugno 2012, vinse la sua prima gara nella categoria amatori campionato italiano. Giada decide quindi di iniziare a insegnare e si impegna anima e corpo in questa nuova avventura, cambiando persino abitudini di vita, come nel caso dell’alimentazione e dell’approccio alle gare per le quali si fa affiancare da una personal trainer e mental coach. “Quando sei in gara – racconta Giada – hai bisogno di qualcuno che ti ricordi perché sei lì e la prima risposta deve essere sempre perché amo il mio lavoro”.
Mattone dopo mattone Giada costruisce la sua carriera, una strada con qualche ostacolo ma lastricata di soddisfazioni come spiega lei stessa: “Sono arrivata a questo livello da sola, con la mia testa e con le mie forze. Lottando anche contro la discriminazione che purtroppo in Italia c’è per la pole dance e per chi come me arriva anche da una piccola città. Una volta mi è stato anche chiesto se facessi tipo Demi Moore nel film Striptease. Ho risposto ‘Anche no’”.
Con la barra in verticale e una grande determinazione per contrastare forza di gravità e banali stereotipi, Giada ha fatto di questa passione un lavoro: insegna nella sua scuola a Milano e con un gran sorriso mi confessa: “Perché camminare se puoi volare. Per me, vale per ogni cosa nella vita”.