“Siri, perché sei una donna?”. L’assistente del mio iPad di solito risponde a ogni genere di domanda, risponderà anche a questa, mi sono detta. “Siri, perché sei una donna?” “Io non ho sesso”, mi ha detto ieri sera. Non mi ha convinto, la sua risposta. Così, ho chiesto al mio compagno di farle la stessa domanda sul suo iPhone: “Non credo che importi”, ha detto a lui. Non so cosa risponderà a voi, provate e magari fatemelo sapere. Io invece credo che importi. Perché Siri parla con voce femminile al pari di ogni buona assistente vocale dotata di intelligenza artificiale. O meglio, dovremmo dire, al pari di ogni segretaria.
Il progresso tecnologico rivoluziona le nostre vite, eppure cade vittima di stereotipi vecchi come il mondo. Chi si fa carico dell’assistenza e della cura? Le donne. Ed ecco che allora anche le assistenti digitali vengono declinate al femminile. Siri, certo. Ma anche Alexa di Amazon. O banalmente la voce della maggior parte dei servizi telefonici: digita uno per prenotare, due per disdire…. L’Observer Research Foundation se ne è accorta: tutta l’intelligenza artificiale avrebbe bisogno di una rivoluzione femminista.
Prendiamo Blade Runner 2049, il sequel del film capolavoro di Ridley Scott. Gli amanti olografici, da Joi a quelli che campeggiano sui cartelloni pubblicitari, sono tutte donne. Possibile che nessun personaggio femminile del film avesse diritto a un seducente uomo di pixel? Il che ci rimanda indirettamente anche a un’altra considerazione che ho letto sul Guardian: il mondo dei sex toys tecnologici vale qualcosa come 30 miliardi di dollari ed è un mondo interamente fatto per gli uomini. Quindi declinato al femminile.
Macchine, intelligenza artificiale, asssitenti telefoniche. Tutto ciò che fa servizio è donna. La battaglia per la parità non riguarda solo le persone in carne e ossa, ma passa anche dalla parità delle macchine. Quello che serve è la rivolta dei robot, o semplicemente servono più programmatrici femmine nell’industria dei robot? “Siri, ti va di scendere in piazza con me?”