Sono cominciati in Germania i negoziati per una nuova Grande coalizione tra SPD e CDU/CSU. A dare il via alle trattative il “SÌ” ottenuto da 362 delegati socialdemocratici al congresso di Bonn del 21 gennaio 2018. Una magra soddisfazione per il leader della SPD Martin Schulz, se si considera l’ampia fetta del partito contraria alla GroKo (Große Koalition): su 642 ben 279 sono stati i “NO” (44%).
Sebbene siano in molti oggi a gioire e a tirare un sospiro di sollievo, quello del 21 gennaio verrà ricordato come uno dei risultati più sofferti nella storia della SPD: un “SÌ” alla ripresa delle trattative con Angela Merkel tutt’altro che scontato e strappato per il rotto della cuffia sull’onda di alcune parole e frasi particolarmente convincenti spese negli interventi del congresso. A ben vedere il merito della “vittoria” non va però al leader Schulz, apparso nel suo discorso piuttosto moscio e rassegnato, bensì a due donne celebrate dai giornali tedeschi come le vere “salvatrici della GroKo”: Malu Dreyer e Andrea Nahles.
Che Malu Dreyer, la governatrice della Renania-Palatinato, godesse di ampio consenso all’interno della SPD era già stato confermato a dicembre 2017, quando è stata rieletta con maggioranza schiacchiante (97,5%) al ruolo di vicepresidente del partito. Allora Dreyer era però ancora contraria a una riedizione della GroKo e propendeva per un governo di minoranza dell’Unione. Dopo aver partecipato attivamente alle consultazioni con CDU/CSU, il 21 gennaio Dreyer è salita in cattedra per convincere gli scettici a rivedere la propria posizione. “Ho delle buone ragioni per sostenere la ripresa delle trattative di coalizione. E non perché sono una fan della GroKo. Non possiamo costringere l’Unione a un governo di minoranza” ha dichiarato Dreyer nel suo pacato, ma non per questo meno convincente discorso d’apertura al congresso. “Non possiamo riprendere la campagna elettorale con temi su cui siamo già riusciti ad imporci nelle consultazioni. E non consideratele piccole conquiste” ha continuato Dreyer incassando un applauso dopo l’altro. Dopo aver elencato i successi portati a casa dalla SPD nelle consultazioni, Dreyer non ha mancato di criticare la debolezza del partito quando si tratta di affrontare e imporsi sui politici della CSU, l’ala più conservatrice della CDU capitanata da Horst Seehofer: “Gente, dobbiamo avere un po’ più consapevolezza di noi stessi” queste le parole incalzanti di Dreyer. Ma il momento in cui la popolare governatrice della Renania-Palatinato è riuscita a imporsi sul serio è arrivato sul finire del suo intervento, quando ha affrontato il tema del rinnovamento interno del partito, caro a molti socialdemocratici dopo il fallimento delle ultime elezioni e soprattuto agli oppositori della GroKo: “Sono fermamente convinta che per il nostro rinnovamento non faccia alcuna differenza se facciamo parte del governo o se ci saranno nuove elezioni. Il rinnovamento dipende soltanto da noi”.
Agli antipodi rispetto allo stile ponderato di Dreyer si colloca quello della capogruppo al Bundestag ed ex ministro del lavoro Andrea Nahles, che sceglie una via più appassionata per pubblicizzare la Grande coalizione. Da sempre a favore di una riedizione dell’alleanza con Merkel, al congresso Nahles ha battuto il pugno sul tavolo con aria combattiva, quasi volesse scuotere e risvegliare dal torpore i suoi compagni di partito: “Non temo nuove elezioni. Temo le domande dei cittadini nel caso tornassimo alle urne con gli stessi obiettivi che avremmo potuto raggiungere per l’80% nelle consultazioni: la gente ci prenderebbe per pazzi” ha sottolineato con trasporto Nahles rifacendosi a quanto già espresso da Dreyer. Tra i sostenitori della GroKo nessuno come Nahles è riuscito al congresso a contrastare il fortunato intervento di Kevin Kühnert, il giovane presidente della Jusos (Associazione dei giovani socialdemocratici) e agguerrito esponente del fronte del NO. Parlando di promesse, il coinvolgimento di Nahles è andato in crescendo: “Tratteremo finché l’altra parte non scricchiolerà” ha quasi urlato la capogruppo, con volto arrossato e voce acuta. Come Dreyer anche Nahles non si è trattenuta dal criticare la propensione alle lamentele dei colleghi della SPD che tendono ad attribuire ogni male a Merkel, CDU e CSU: “Negli ultimi anni la SPD non è riuscita a dare risposte convincenti per il futuro. Ma questo che diavolo ha a che fare con Merkel, con quel deficiente di Dobrindt (esponente della CSU, ndr) e con gli altri? Questo è un problema soltanto nostro”.
Se Dreyer e Nahles con stili oratori diametralmente opposti sono riuscite ad animare ed entusiasmare il congresso nonostante la nutrita presenza di oppositori in sala, non si può dire lo stesso dei colleghi uomini Olaf Scholz, sindaco di Amburgo, Stephan Weil, governatore della Bassa Sassonia, e addirittura Martin Schulz, leader della SPD. A tutti e tre la platea ha riservato timidi applausi, ma è stato il discorso di Schulz a risultare particolarmente debole e deludente. Nell’intervento del leader del partito non c’era alcun accenno alla consapevolezza citata da Dreyer né alla grinta dimostrata da Nahles: le promesse sulle modifiche all’accordo preliminare della GroKo a favore dei temi cari alla SPD, le parole spese sulla prossima svolta nella politica europea della Germania, il monito a non ignorare la responsabilità di governare per evitare l’ulteriore ascesa della destra xenofoba di Alternative für Deutschland non sono apparentemente riuscite a convincere la platea.
Ascoltando le sue parole di ringraziamento, sembra che Schulz stesso sia cosciente di quanto il via libera alla GroKo, nelle consultazioni prima e al congresso poi, sia stato raggiunto in gran parte grazie al lavoro delle colleghe Malu Dreyer e Andrea Nahles. Il voto di Bonn è dunque stata la conferma lampante della grave crisi di fiducia interna alla SPD: larga parte dei socialdemocratici non crede più nella capacità di Schulz di guidare il partito a lungo termine e l’alto grado di scetticismo nei confronti di una nuova GroKo non fa che aumentare la probabilità di un fallimento del governo a cui si sta lavorando e dunque di un ritorno alle urne. Se questo dovesse verificarsi, la SPD dovrebbe ripensarsi daccapo e farlo piuttosto in fretta. Sul futuro del partito non c’è dunque ancora nulla di certo, ma dopo i discorsi di Malu Dreyer e Andrea Nahles al congresso non sarebbe insensato preannunciare una leadership femminile.