Se vivi in mezzo a una strada, se ti fai di eroina o di crack, o di colla; se il tuo primo pensiero quando ti svegli – tra il calpestio dei passanti che ti girano attorno indecisi tra la paura, la pena e lo schifo – è mettere insieme i soldi per la dose che ti farà arrivare a sera e poco importa se per racimolarli non esiterai a scippare una donna, a spaccare il vetro di una macchina, rapinare un negozio o minacciare un ragazzino, non puoi essere un eroe.
Il mondo, quello che ha bisogno di essere rassicurato per mantenere un minimo sindacale di fiducia in sé, pare averlo scoperto grazie a Chris Parker, il senza tetto con qualche problema di droga che lo scorso 22 maggio si conquistò le prime pagine dei giornali di mezzo pianeta come l’eroe della strage di Manchester: l’uomo che stava vicino alla vittime dell’ennesima strage dell’Isis negli istanti più drammatici che seguirono l’attentato alla fine del concerto di Ariana Grande. Un eroe involontario e necessario. Perfetto per dimostrare che anche un reietto della società occidentale è comunque migliore di un qualunque fanatico con un DNA mediorientale.
Un po’ come dire che ‘noi’ siamo meglio di ‘loro’, anche quando siamo al peggio. Solo che Chris Parker non era un eroe, era solo uno che stava seguendo il suo istinto di sopravvivenza: non consolava nessuna vittima, la derubava. Niente di strano se vogliamo essere razionali e non ottusi. Chris Parker, contro il quale questa settimana si è tenuta la prima udienza del processo che lo vede imputato, stava facendo esattamente quello che l’abbrutimento del suo quotidiano vivere gli aveva insegnato a fare: sopravvivere al di là dell’etica e della morale.
Fine, stop, chiuso.
Perché la pietà e l’empatia, l’orrore e la commiserazione non vivono nel buio delle periferie, appoggiati a sudici gradini con la mano tesa per due spicci. La pietà, l’empatia, l’orrore e la commiserazione non hanno i denti anneriti dall’eroina e le vene necrotizzate dagli aghi. Non hanno il pensiero di mettere qualcosa nello stomaco che, per una volta, non sia stato gettato da qualcuno, ma comperato in un fast food. Chi oggi dà dello sciacallo a Chris Parker non conosce la realtà in cui vivono tutti i Chris Parker del mondo ai quali non importa più quello che invece interessa al resto del mondo. Perché se sei disposto a scippare un’anziana per fare due soldi e comperarti una dose, se sei disposto a rubare a casa di tua madre, a minacciarla, magari, sei scivolato al di sotto del minimo sindacale di umanità. Non credo sia una questione di scelta consapevole, credo sia una reazione indotta dalla quotidianità in cui vive chi è arrivato a piantarsi un ago tra le dita dei piedi.
Per questo non mi scandalizzo per la nudità del re Chris, ma sorrido un po’ per le reazioni scandalizzate di fronte alla verità della sua natura; che Rousseau aveva ragione e il signor Parker ne è l’ennesima conferma.
E non sarebbe male ricordare l’insegnamento dell’illuminista francese: Chris Parker non è nato cattivo, così come non lo era nato nemmeno Salman Ramadan Abedi, l’autore della strage che ha regalato la fama, e un bel po’ di denaro, a questo trentatreenne inglese col naso storto e gli zigomi aguzzi. A trasformare uno in un terrorista e l’altro in uno sciacallo sono state le condizioni in cui hanno formato la loro visione del mondo e non parlo delle loro famiglie, parlo dell’ambiente in cui sono cresciuti che, si dica quello che si vuole, non è stato in grado di offrire loro un’alternativa capace di placarne rabbia e sofferenza.
Ma se per Salman non c’è possibilità di redenzione, ce n’è ancora per Chris e per milioni di persone che da qualche parte, in qualche zona poco illuminata dalle luci del benessere, stanno ondeggiando nell’indecisione. Questa possibilità si chiama ‘inclusione sociale’: non è carità e non è nemmeno pietà, è un semplice esercizio di giustizia grazie al quale le luci si accendono anche sul buio della miseria… E d’altra parte basta il chiarore di una candela per illuminare una grotta che non ha mai conosciuto la luce, no?