Neanche un minuto di emozione: una telenovela piena di effetti speciali, con storie che si avvitano, slegate tra di loro, e personaggi a due dimensioni. Fratelli coltelli, Jedi in crisi di motivazione e un imperatore tanto brutto (…brutto e quindi cattivo? Che stereotipo, in un film per il resto così politically correct che, a contare le presenze di ogni genere, razza, ed età, si potrebbe scoprire un equilibrio inquietante) quanto inutile.
Forse proprio alla ricerca di un equilibrio perfetto nel rappresentare ogni categoria umana (e animale…), Guerre Stellari non dà più la possibilità di innamorarsi di due, massimo tre, protagonisti “veri”: i caratteri sono così tanti e così equamente distribuiti nella narrazione che immedesimarsi non è possibile, e affezionarsi lo è anche meno. Non stupisce quindi che le locandine sui media mettano in primo piano ancora i tre protagonisti della serie originale: abbastanza bilanciati nel genere(due uomini e una donna), ma senza nessun riguardo per altri elementi di diversità come la razza e l’orientamento sessuale (su questo punto ho la sensazione che Guerre Stellari stia virando verso l’asessualitá: per evitare problemi sono semplicemente tutti amici o parenti).
Dai fan in sala un solo applauso, all’apparire di Yoda, che per fortuna è ancora Yoda: ironico e saggio, ricorda un po’ papa Francesco. Sono stati gli unici tre minuti in cui il film mi è piaciuto, mentre per il resto è stato come seguire una pallina che girava in tondo senza mai arrivare da nessuna parte. Forse sono invecchiata io, forse sono invecchiate (male) loro.