Sessantamila partecipanti da 170 paesi, ventimila aziende, settemila amministratori delegati e 2.600 giornalisti. Il Web Summit di Lisbona movimenta un intero popolo, organizzandolo intorno a una moltitudine di conferenze a tema, opportunità di incontro, stage su cui decine di startup si alternano senza requie per fare i loro pitch davanti a qualche centinaio di investitori. L’evento è organizzato alla perfezione: non ci sono code e tutto scorre come potresti immaginare quando si usa il meglio della tecnologia. Quest’anno poi si spinge sulla sostenibilità, quindi neanche più borsette di tela e programmi di carta: tutto digitale, tutto ecologico. Forse. Dico forse perché, nonostante lo sforzo degli organizzatori di andare a cercare l’anima di tanta entropia, qualche panel lascia l’amaro in bocca e una domanda non mi abbandona da quando sono arrivata:
“Dove si va da qui?”
Ieri sul palco centrale sedeva il vice president della realtà aumentata di Google, Amit Singh. Lo intervistava Mat Honan, di BuzzFeed news. Il palco centrale è letteralmente uno stadio: le persone che ascoltano sono qualche decina di migliaia. Occhi e orecchie tese, in cerca di ispirazione. Il tema cattura: “VR (Virtual Reality) e AR (Augmented Reality) cambieranno il modo in cui lavoriamo, giochiamo e impariamo”. Come lo cambieranno, domanda più volte il giornalista, ma le risposte del VP non lo soddisfano mai: vedere un divano ambientato nel proprio salotto prima di comprarlo, conoscere gli ingredienti di un alimento senza leggerne l’etichetta, mettersi in casa un dispositivo che potrà riprendere ogni istante della nostra vita perché possiamo rivederlo ogni volta che ci va. Davvero stiamo facendo tanto rumore per portare l’umanità a… questo?
La tecnologia deve solo farci consumare meglio (e di più)?
Il Web Summit ha fatto un sondaggio con 286 degli investitori presenti all’evento, e la risposta dei partecipanti sul tema della visione etica, del senso dello scopo dell’industria tech, rinforza la triste impressione: l’82% degli investitori ritiene infatti che il tech abbia fatto poco o nulla per evitare le fake news, il 60% ritiene che la Silicon Valley sia incapace di fare fronte al sessismo dilagante nel proprio settore e uno su tre pensa che “le internet companies non siano una forza diretta al bene, e debbano essere controllate”.
Decine, centinaia di innovazioni, grandi e piccole, destinate a “cambiarci la vita”: la tecnologia per farlo c’è, ma quel che sembra mancare è proprio il senso dello scopo. Ricordarsi perché lo stiamo facendo e tornare a guardare la realtà di partenza: 795 milioni di persone, nel mondo, oggi, soffrono la fame. Solo in Italia, il 6,3% delle famiglie vive in povertà assoluta: una famiglia su quattro di quelle con più di tre figli è in questa condizione. Oltre 800.000 persone. E questo è solo uno dei numerosi problemi che affliggono la specie umana: irrisolti e ignorati dalla tecnologia. Che però ci permetterà di vedere un divano prima di comprarlo.