“Ero sempre in movimento, correvo, saltavo, mi arrampicavo…” cosi comincia a raccontarsi Debbie Evans, stuntwoman di professione, famosa per aver figurato in piu’ di 200 film, incluso Fast and Furious e Matrix.
Il suo spirito combattivo l’ha portata, fin dall’infanzia, a sfidare convenzioni e opinioni per seguire la sua passione per la motocicletta. “Quando ero una ragazzina, mi piacevano moltissimo gli sport, correre in bicicletta e poi in moto, ma mi prendevano molto in giro. All’epoca [anni 60/70, ndr] non era normale per ragazze e donne praticare sport. Secondo le convenzioni, avrebbero dovuto indossare sempre la gonna e restare a casa a organizzare tea party. Se avessi permesso alle aspettative degli altri di decidere della mia vita, non sarei chi sono oggi e non sarei riuscita a fare quello che ho fatto”.
Il che non vuol dire che abbia ignorato la sua parte femminile: “Ho avuto un’infanzia da maschiaccio ma non ho mai dimenticato di essere una ragazza. Mi ricordo una foto che adoro in cui ero vestita da cowboy, con sei pistole, il cappello e tutto, sotto l’albero di Natale, ma tenevo la mia bambola preferita tra le braccia”.
Benchè determinata a non farsi fermare da pregiudizi, Debbie ammette che la sua carriera di stuntwoman si è sviluppata un po’ per caso: “A 15 anni ero già sponsorizzata da Yamaha per competere in moto, ma alla fine del liceo ho comunque deciso di andare all’università. Ero affascinata dalla biologia, fisiologia, dalla chimica e ho pensato di intraprendere quella carriera. Poi durante il secondo anno di università mi hanno chiamato proponendomi un ruolo in un film. Questo mi ha rapidamente fatta decidere di abbandonare l’università, perché ho capito che quella sarebbe stata la mia strada. In fondo, mi ero preparata senza saperlo a quello fin dall’età di sei anni. E poi la vita da laboratorio non fa per me. Il mio lavoro mi permette di essere fuori, di viaggiare, e di incontrare gente, e questo è quello che più mi si addice”.
Debbie è molto sicura di sé anche quando la provoco sul lavoro di stuntwoman. La stuzzico dicendo che deve essere frustrante fare quel lavoro, quando gli attori ottengono tutta la fama e lei resta un nome nei titoli di coda. Senza scomporsi, mi risponde: “quando ho cominciato la mia carriera di stunt nel 1977, sapevo bene che non avrei ottenuto fama grazie a quello. Ma già allora alcuni miei colleghi avevano cominciato a fare reality shows per raccontare i loro segreti e spiegare il loro lavoro. E cosi la gente ha cominciato a conoscere il nostro mondo”. E aggiunge non senza malizia “Finalmente ora si sa che gli attori non fanno tutto”.
Quando passiamo a parlare delle sue responsabilità di madre, ancora una volta Debbie stupisce per la pragmaticità del suo approccio: “Al primo figlio ero giovanissima e non ci ho pensato. Confesso di aver avuto qualche tentennamento al terzo figlio, e mi sono detta che forse avrei dovuto rallentare un po’. Così ho rifiutato degli ingaggi. Ma poi mi è stato consigliato di riprendere e per me è stato come rinascere. Ho realizzato che sarei stata una madre migliore e una persona migliore se avessi fatto quello che mi piaceva fare invece che stare a casa. I miei figli preferiscono vedermi realizzata, e mio marito pure, piuttosto che avermi a casa ma scontrosa e di mal umore! E poi i miei figli sono orgogliosissimi. Ricordo le scene le volte in cui andavo a fare qualche demo nelle loro scuole, e vedevo i compagni di classe completamente senza parole!”
Infine, sul mondo stunt dominato dagli uomini e l’evoluzione del ruolo delle donne, Debbie resta cautamente positiva. “In quanto pioniera, ricordo che nei primi tempi noi e le altre (poche) donne dovevamo sempre dimostrarci all’altezza, non potevamo fare errori. Ora le donne sono più presenti, anche se nel campo delle moto è ancora complesso trovare ragazze con le credenziali giuste”. Debbie, che nel 2003 è diventata parte della Motorcycle Hall of Fame, resta la regina indiscussa.
La conversazione è finita sulla sua filosofia di vita, che l’ha portata a diventare quella che è. “Mi do degli obiettivi, e vivo cosi, di obiettivo in obiettivo. Ammiro gli atleti che si allenano duramente e riescono a fare cose fisicamente difficili. Non tanto gli attori e le persone famose, ma persone che ce la mettono tutta e ottengono quello che vogliono. E ogni giorno incontro 10 persone da cui posso imparare qualcosa. Il mio principio che c’e’ sempre da imparare, e imparare da tutti.”
Un assaggio del suo “lavoro” nell’ultimo spot Castrol. Allacciate le cinture!