Un reperto botanico unico in una grande opera d’arte rinascimentale, la Loggia di Amore e Psiche. E una botanica appassionata d’arte che, fin dall’inizio della sua carriera si innamora della Loggia. C’è tutto questo all’origine della mostra I colori della prosperità: frutti del vecchio e nuovo mondo che aprirà i battenti alla Villa Farnesina il 20 aprile e che consentirà al visitatore, tra l’altro, di immergersi da vicino, attraverso la navigazione digitale, nei dettagli della Loggia. Permettendogli di conoscere la straordinaria varietà di frutti, fiori e ortaggi che costituiscono i festoni del pergolato dove sono inserite le scene della storia di Amore e Psiche. La mostra è nata infatti da un’idea di Giulia Caneva, botanica, professoressa all’Università Roma Tre, vincitrice di numerosi premi e autrice di 21 monografie. Un cursus honorum eccellente per il quale, racconta Caneva, “essere donna all’inizio è stato d’aiuto, ma in seguito mi ha ostacolato”. Perché, col proseguire della carriera, “le donne al potere sono sfavorite”.
LA PASSIONE PER LA NATURA E L’ARTE Sono questi i due motori che muovono Giulia Caneva nei suoi percorsi scolastici e accademici. Da giovane ha scelto una facoltà scientifica, la biologia, per poi cercare di applicarla ai beni culturali. “Dopo aver lavorato alla tesi, ho vinto un concorso all’Istituto centrale di restauro, ma – spiega – ci stavo stretta. Ho quindi partecipato al concorso per l’Università e sono approdata a Roma Tre dove insegno da 22-23 anni”. Un percorso accademico eccellente per una donna che è una delle poche professoresse ordinarie del Dipartimento di scienze. “Essere donna a volte mi ha aiutato, altre volte è stato neutrale, altre volte ancora mi ha ostacolato. All’inizio è stato d’aiuto. Ero una ragazza piacevole, avevo le porte spalancate. Poi in altri casi è stato neutrale. Successivamente, a volte è stato di ostacolo. Le donne al potere sono sfavorite. Si può dire che le donne nella prima fase della carriera non sono sfavorite, alla fine sono sfavorite”.
IL LEGAME A DOPPIO FILO CON LA LOGGIA L’opera rinascimentale, nelle intenzioni del proprietario, il ricco banchiere e mecenate Agostino Chigi, doveva provocare meraviglia, suscitare amore visto che la Villa era il suo buen retiro oltre Tevere, e doveva anche rappresentare il suo potere. La grandissima varietà di piante raffigurata, tra le quali, per la prima volta, anche quelle americane a soli 20 anni dalla scoperta del Nuovo Continente, era appunto una dimostrazione di potere e prosperità. “Il mio primo approccio con la Loggia – prosegue la botanica – è avvenuto da ventenne, scrivendo la tesi sulle sale dove si terrà la mostra. Trentenne sono tornata alla Loggia e ho scritto un libro, ‘Il mondo di Cerere nella Loggia di Psiche’, edito nel ’92, e pubblicato nel cinquecentenario della scoperta dell’America”. Dal ’92 sono passati 25 anni. Ora la botanica con la passione per l’arte torna alla Loggia come curatrice, assieme ad Antonio Sgamellotti, della mostra.
AMORE E PSICHE AI RAGGI X. “Sui festoni della Loggia è stato eseguito un mapping di fluorescenza a raggi X per individuare gli elementi chimici che compongono i pigmenti utilizzati. Attraverso l’impiego di uno scanner Xrf è stato possibile analizzare i festoni, modificando di volta in volta l’assetto dello strumento, in funzione della curvatura della Loggia. In particolare è stato identificato l’uso di un pigmento giallo derivato dalla tecnologia ceramistico-vetraria a base di piombo, stagno ed antimonio. Un pigmento raro la cui presenza negli affreschi della Loggia rappresenta uno dei casi più antichi in cui è stato identificato. Per consentire di ammirare da vicino i dipinti e le analisi non invasive eseguite su di essi la mostra consente di immergersi e navigare nella ‘loggia digitale’, permettendo al visitatore di muoversi liberamente su una panoramica ad alta risoluzione e di osservare i dipinti a distanza ravvicinata. Si distinguono 170 specie presenti nei festoni vegetali e dettagli difficilmente percepibili alla distanza normale di osservazione della volta. “Chi viene alla Loggia – conclude Giulia Caneva – può, grazie alla diagnostica scientifica, capire che colori venivano usati, quali erano i pigmenti scelti dai pittori del ‘500. E si può ‘navigare’, attraverso un percorso digitale, nella loggia, avvicinandosi all’opera e vedendo dettagli che nella sensibilità moderna si perdono. Infine si può capire il perché Agostino Chigi abbia voluto un’opera del genere. Lui che usava il pergolato della Loggia come strumento di meraviglia, legato al tema del Potere e dell’Amore”.