Oltre sette milioni e mezzo di pasti. Conditi da polemiche su costi e qualità e al centro di un’idea di “Città sostenibile” coltivata dall’amministrazione di Torino. Il diritto ormai acquisito dalle famiglie di fornire ai propri ragazzi il pasto da casa – con la sentenza della Corte d’Appello di Torino emessa il 21 giugno 2016 – ha rappresentato un vero scossone per il sistema ristorazione scolastica in città. Oltre a essere un precedente importante per tutte le amministrazioni locali.
Sono oltre 50mila i bambini che usufruiscono della ristorazione scolastica in città, 29.400 concentrati nella scuola primaria, vero zoccolo duro del sistema pubblico di ristorazione e, allo stesso tempo, punto debole. Sì, perché se nidi d’infanzia e scuole dell’infanzia sono dotati di cucine interne, alle scuole primarie i pasti vengono preparati e cotti nei centri delle ditte di ristorazione e poi smistati. E’ qui che si è concentrata la sacca di malcontento più ampia tra le famiglie tanto che i bambini ritirati dal servizio, secondo l’ultimo censimento dell’amministrazione comunale, sono stati 4.079.
Il prossimo passo, quello che sta tentando l’amministrazione guidata dalla sindaca Chiara Appendino e l’assessora all’Istruzione di Torino Federica Patti, è innovare il modello organizzativo facendo leva su due punti: censire e mettere a sistema le cucine esistenti per poter garantire pasti preparati sul momento anche ai bambini della primaria. Gusto e qualità, sicuramente, ci guadagneranno. Prova ne è che i volumi degli scarti nelle scuole primarie sono consistenti e mettono a repentaglio sostenibilità e equilibrio nutrizionale.
La sfida, dunque, è provare a portare la cucina fresca in tutte le mense. “Nella scuola primaria la mensa è a tutti gli effetti “tempo scuola”, per questo tutti i bambini, a cominciare da quelli appartenenti alle fasce più deboli della popolazione, hanno diritto a fruire della refezione quale strumento di eguaglianza di opportunità. Alla luce di questa nostra convinzione vogliamo investire su un progetto che possa portare a un miglioramento sensibile del servizio” dice l’assessora Patti.
L’amministrazione sta lavorando dunque a un progetto pilota per l’inserimento di cucina fresca nelle scuole dell’obbligo, “con un percorso che coinvolga non solo i tecnici qualificati ed esperti della materia, ma anche gli stakeholder, gli utenti diretti del servizio e le loro famiglie” come recita la delibera varata dalla Giunta Appendino.
Al via dunque una vera e propria mappatura sulla situazione di ciascun edificio scolastico, in riferimento agli spazi dedicati al servizio di ristorazione, al numero di utenti, alla capacità produttiva delle cucine, alle attrezzature disponibili, all’organizzazione dei refettori. In seconda battuta si passerà a individuare i bacini di utenza e i possibili centri di cottura diffusi sul territorio in grado di garantire una distribuzione “a raggio corto”, con basso impatto sulla qualità del cibo.
Progetto ambizioso. Innovare lo è sempre. Che ha reso necessario, dal punto di vista pratico, prorogare ancora di un anno il servizio attuale. “Considerando tutte le attività necessarie per elaborare e redigere il progetto, che si immaginano concluse a metà autunno, il tempo necessario per elaborare il nuovo capitolato di gara, la sperimentazione di introduzione di tutta o in parte della mensa fresca nella scuola dell’obbligo, sarà possibile solo a partire dall’a.s. 2018/2019” sottolinea il documento varato dalla Giunta. Buon lavoro, allora, e in bocca al lupo.