Stanza 219 dell’Hotel Savoy. Sanremo, la città del festival. Il diciassettesimo, il primo a cui partecipo. E l’ultimo a cui parteciperò. L’ho detto anche a Mike Bongiorno, prima di salire sul palco stasera, 27 gennaio 1967. Questa è l’ultima volta, gli ho detto. Lui ha pensato che era l’ultima volta che eseguivo un pezzo, d’ora in poi avrei fatto solo l’autore. L’ha pensato lui, non sapeva cosa avevo in mente, non lo sapevo nemmeno io allora. E anche adesso… Devo bere. Datemi da bere.
Guardare ogni giorno se piove o c’è il sole,
per saper se domani si vive o si muore
E un bel giorno dire basta e andare via.
Ho 28 anni. Sono nato il giorno che fa primavera. Una beffa, per tutti sono il cantautore triste, tutti quelli che non mi conoscono, e forse anche quelli che mi conoscono. Fabrizio, Lucio, Gino. Dio, Gino, come è finita male tra di noi, non ti capivo più, tu e Stefania, il grande Paoli e la giovane Sandrelli, che senso aveva? Ma tu di sicuro non dovevi provare a spararti. O forse hai fatto la cosa giusta, l’unica da fare. Ne parlavo con Dalida, lei non pensava che dicessi sul serio, a te la vita piace, continuava a dirmi. Ma come si fa a restare in vita se non ti piace il tuo mondo?
Andare via lontano a cercare un altro mondo
dire addio al cortile, andarsene sognando.
E poi mille strade grigie come il fumo
in un mondo di luci sentirsi nessuno.
Non sembravi neanche tu, quando cantavi “Ciao, amore, ciao”. Non è vero che non sembravo io, non sembravo più io, ecco, questo sì, e forse non lo ero già più. Cos’è questo biglietto? Ho voluto bene al pubblico italiano, gli ho dedicato totalmente cinque anni della mia vita… Ma l’ho scritto io? Non ricordo, non ricordo niente. Troppo alcol, adesso, troppe pastiglie, mi sembra di fluttuare, prendo la pistola, o forse l’ho già fatto, o forse non sono stato nemmeno io a farlo. Tra un secondo sarà tutto finito.
Non saper fare niente in un mondo che sa tutto
e non avere un soldo nemmeno per tornare.
Ciao amore, ciao amore, ciao amore ciao.