Si dice che l’1% della popolazione mondiale possieda il 48% di tutta la ricchezza del mondo. Ma quante sono le donne, fra quell’1% di super-ricchi? Poche, molto poche. Solo una ogni cinque, più o meno il 20%. Molto meno di quel 30% di donne che la legge Golfo-Mosca è riuscita a portare nei cda italiani.
I dati arrivano da una ricerca dell’International inequalities Institute della britannica London School of Economics, alla quale ha collaborato anche la professoressa Alessandra Casarico della nostra Bocconi. Per una volta, se non altro, l’Italia non è fanalino di coda: tra i super-ricchi, pari a circa l’1% della popolazione, le italiane sono il 19,6%, più o meno a metà strada fra le spagnole, che sono il 22,1%, e le norvegesi, che rappresentano appena il 13,7% del totale. Una magra consolazione: non solo le donne della classe media non riescono a farsi pagare tanto quanto i loro colleghi maschi, ma nemmeno le più fortunate, quelle che hanno comunque raggiunto una posizione elevata nella società, in realtà riescono a pareggiare.
La ricerca non tiene conto solo degli stipendi, ma anche delle proprietà immobiliari, dei dividendi e dei ritorni sugli investimenti. Se poi si restringe ulteriormente la cerchia ai super-super-ricchi, quelli cioè che rappresentano solo lo 0,1% della popolazione, la posizione delle donne arretra ulteriormente: solo il 12,7% in Italia, il 16,6% in Spagna e – fanalino di coda – appena il 9,2% nel Regno Unito.
La buona notizia, se una ce n’è, è che per fortuna la quota delle happy few al femminile va aumentando man mano che passano gli anni. Dovunque, tranne che in Australia.