Tokyo – La sequenza presenta similarità tali da far pensare che Tokyo abbia copiato Roma: un sindaco si dimette per uno scandalo di allegre note spese che gli fa perdere il sostegno del suo partito e al suo posto viene eletta per la prima volta nella storia una donna alla guida della metropoli. Una dinamica che può suonare a conferma di antiche tesi secondo cui l’Italia anticipa trend politici che si realizzano in seguito altrove (dalla deriva autoritaria degli anni 20 del secolo scorso fino all’ascesa politica del ricco businessman che sa fare un uso sapiente dei media e intercettare desideri di cambiamento). Yuriko Koike, eletta governatrice di Tokyo, ha 64 anni, non distanti dal doppio di quelli di Virginia Raggi e ha potuto vantare 24 anni di carriera come “civil servant”. Ma la sua elezione con largo margine (2,9 milioni di voti, oltre un milione in piu’ del burocrate rivale appoggiato dal partito liberaldemocratico del premier Abe – che e’ anche il suo -, Hiroya Masuda) dimostra anzitutto le differenza tra politica nazionale e locale: se alle elezioni generali chi sta al governo puo’ contare sul fattore della stabilita’ – percepita come valore – in mancanza di alternative attraenti (come dimostrato anche alle recenti elezioni per la Camera Alta), per il voto amministrativo e’ chi si presenta con connotazioni anti-establishment a poter attirare i consensi dei tanti indecisi.
ANTI-ESTABLISHMENT Koike ha promesso pulizia e trasparenza, si e’ impegnata a tagliarsi lo stipendio e a contenere i costi per le Olimpiadi del 2020. Sfidando come indipendente il suo partito ha proclamato: “La citta’ non ha bisogno di un altro burocrate”. I suoi critici dicono che ha fin troppo bene imposto la “narrativa” della donna capace e volitiva che i maggiorenti maschi della casta politica vorrebbero mettere all’angolo. Ma non e’ solo in Giappone che e’ stata celebrata la novita’ assoluta dell’elezione di una donna alla guida di una delle maggiori metropoli del mondo: a pochi giorni dall’investitura di Hillary Clinton a candidata presidenziale, la caduta di un bastione maschile in un Paese ancora in basso nelle classifiche internazionali sul ruolo sociale femminile appare come un segno di tempi nuovi. Tempi che vedono sempre piu’ donne non solo ai vertici politici (ad es. in Corea del Sud con la presidente Park Geun-hye) ma alla testa delle amministrazioni piu’ importanti (da Parigi a Madrid)
PIONIERA. Koike era gia’ stata la prima donna a guidare il ministero della Difesa (per un breve periodo) e come ministra dell’Ambiente sotto Koizumi (che poi tradi’) e’ riuscita a togliere la cravatta a manager e impiegati per fini di risparmio energetico in estate (meno condizionamento dell’aria e abbigliamento piu’ informale per tutti). Sara’ lei ad andare a Rio il 21 agosto per raccogliere, alla cerimonia di chiusura, la bandiera olimpica. Nelle relazioni internazionali sara’ facilitata dalla conoscenza delle lingue: inglese e anche arabo. Lo studio’ da giovane al Cairo, prima di tornare in patria e avviarsi verso una carriera di anchorwoman televisiva (tra un matrimonio breve seguito da divorzio). Ma e’ in parlamento dal 1992.
RILANCIO DELLA WOMENOMICS. Non e’ detto che Shinzo Abe sia davvero scontento della sua elezione, che gli consentira’ di sostenere che sotto il suo governo le donne realizzano davvero significativi progressi, anche se la conclamata “Womenomics” del premier e’ da molti considerata poco piu’ di uno slogan (certo il conservatore Abe vuole che le donne giapponesi lavorino di piu’ e al tempo stesso facciano piu’ figli, se non altro per favorire una perdurante limitazione dell’immigrazione)
La bastonata alla struttura del partito (tentato di sanzionare Koike per l’insubordinazione) consente ad Abe di avere mani piu’ libere, a partire dal rimpasto governativo che annuncera’ domani. Inoltre Koike ha idee conservatrici in linea con quelle di Abe: va al tempio nazionalista Yasukuni ed e’ favorevole a cambiare la Costituzione. Questo non dovrebbe contare granche’ nelle responsabilita’ di una citta’ che ha urgenze concrete, come porre fine alle liste di attesa per gli asili nido (che impedisce a molte donne di lavorare) e migliorare l’assistenza agli anziani: Koike ha promesso deregulation per accelerare la soluzione dei problemi, oltre che il decollo di aree economiche speciali in citta’.
E’ pero’ anche vero che fu uno dei suoi predecessori, l’ipernazionalista Shintaro Ishihara – che nei giorni scorsi avrebbe fatto battute sessiste verso Koike – a generare nel 2012 la peggiore crisi diplomatica recente, minacciando di comprare dai proprietari privati, per conto della citta’, parte delle isole Senkaku (rivendicate dalla Cina). Per prevenirlo, le acquisto’ il governo centrale nel tentativo di chiudere la faccenda, ma Pechino non vide il presunto favore e lo considero’ un “cambiamento di status quo”.