La polpa di barbabietola per la microflora intestinale, le uova per la digeribilità, gli omega 3 e 6 che rendono lucido il pelo, il lievito per il sistema immunitario, i minerali per la cura dei denti e la cicoria, che riduce l’odore in lettiera. La formula della crocchetta perfetta per i pet – gli animali che vivono nelle nostre case – è un equilibrio di grassi, proteine, carboidrati. Ma non basta: “Un po’ come succede per le pappe dei bambini, chi compra è un adulto, ma l’utilizzatore è qualcuno che non può dirti chiaro e tondo: no, il salmone non mi piace, non darmelo più“.
Chloé Breton è la responsabile formulazione alla Nestlé Purina di Portogruaro, Venezia, circa 200 addetti. Lavora in team con Ilaria D’Addio, responsabile della qualità, e Patricia Heydtmann, responsabile di produzione. Da qui sono uscite nel 2015 121mila tonnellate di crocchette (con i marchi Friskies, Purina, One e Pro Plan, fino ai prodotti specializzati per i problemi veterinari). In Italia i cani sono 6,964 milioni, mentre i gatti sono 7,483 milioni. E poi ci sono gli uccellini a quota 12,906 milioni, i pesci 29,918 milioni, i piccoli mammiferi e rettili 3,199 milioni, per un totale di circa 60 milioni di bestiole.
Ma non tutti hanno lo stesso rapporto con l’animale di casa: c’è chi lo considera un essere dotato di una funzione precisa (la guardia, ad esempio), chi ne fa un membro della famiglia a pieno titolo: per qualcuno è il migliore amico, per altri un figlio. “Anche da questo dipende la scelta del cibo, e anche per questo ci sono tante linee, con più o meno carne fresca ad esempio”, spiega Chloé. Con prezzi che cambiano a seconda dei contenuti, “ma partendo da una base sempre di qualità, come previsto dalla legge: sono tantissime le leggende metropolitane sui cibi per animali: chissà cosa contengono, chissà se l’etichetta dice il vero. Certo che dice il vero: poi è chiaro che le crocchette devono essere gradite, sennò – più il gatto che il cane – mica li mangia. E ci sono sostanze e aromi che aumentano l’appetibilità: un po’ come mettere il parmigiano sulla pasta, no?“.
Lo stabilimento è stato reso più moderno: circa 90 milioni di investimento da quando, nel 2002, la proprietà è diventata della multinazionale. C’è anche un nuovo sistema a campi elettromagnetici controllati che disgregano fisicamente le molecole odorigene prima che vengano immessi in atmosfera (e il vicinato ringrazia). La sede legale italiana è a Milano, dove gli uffici sono aperti all’operazione pets@work, ovvero la possibilità di portarsi il cane al lavoro. A Londra, dove questa mentalità è più consolidata, ci sono decine di animali che vanno ogni giorno in ufficio. Fra le campagne in corso, quella che punta all’eliminazione dei coloranti artificiali (perché l’animale non bada al colore, ma il padrone sì, e magari gradisce la crocchetta rossa), il sostegno ai rifugi per i randagi, l’educazione dalle scuole elementari, anche l’apertura all’alternanza scuola lavoro per favorire l’ingresso dei giovani.
Tutto per arrivare alla crocchetta perfetta, che è una questione di ricetta, ma anche di forma, consistenza, e ingredienti sempre nuovi, e si sceglie a seconda della taglia del pet, della sua età, del suo stato di salute. Nella Ricerca&Sviluppo si occupano i Centri di Ricerca – tre negli USA, uno in Cina e due in Europa – che grazie alla collaborazione con medici veterinari, nutrizionisti ed esperti delle più disparate discipline, oltre a investimenti mondiali per 800 milioni ogni anno, cercano ogni giorno di mettere a punto l’alimentazione ideale. Ma la parola finale è dei diretti interessati: nella sede francese di Purina vivono i “collaboratori” animali, ovvero i primi consumatori delle pappe Purina.
Quando c’è un nuovo prodotto si osservano le loro reazioni (ha mosso la coda?), si pesa la ciotola per capire esattamente quanto hanno mangiato, e se apprezzano o meno. Il tutto senza effettuare o sostenere “pratiche invasive o non invasive che possano causare a cani e gatti sofferenza – precisa l’azienda – Nemmeno partecipiamo a nessun tipo di ricerca che richieda un’induzione di malattie, eutanasia o vivisezione”. In questo quadro il sito di Portogruaro, che festeggia i suoi primi 30 anni, è il riferimento per l’innovazione e l’industrializzazione: vale a dire che i prodotti nuovi si producono prima qui, e poi, quando raggiungono i volumi sufficienti, negli altri stabilimenti. La metà della produzione resta in Italia, l’altra metà prende la via dell’export: il mercato legato ai pet sta crescendo ovunque.