Il primario di Pediatria Annunziata Di Palma, la pediatra oncologa Linda Meneghello, la psicologa Sara Bellone. E Poi Katia Bertoldi, che è stata odontotecnico e igienista dentale prima di lasciare un lavoro “tradizionale” per creare qualcosa di grande a partire dall’amore per gli animali.
Quello che sta succedendo a Trento grazie a queste quattro donne è un esempio, e ancora cresce. Una pet therapy allargata, che un passo dopo l’altro sta conquistando i pazienti, le famiglie e i medici, tanto che oggi chiede nuovi spazi e nuove applicazioni.
Katia guida una tribù di quattrozampe alquanto varia: c’è la cucciola Margot (un Bouledogue francese, 5 mesi), Elettra (Labrador Retriever cioccolato, 9 mesi), Midnight (American Miniature Horse, 2 anni ), Zaira (Labrador Retriever nero, 8 anni), Cocò Chanel (gatto razza Rag Doll, 4 anni), Bluebelle (Labrador Retriever, 3 anni nero), Thor (American Bully, 1 anno e mezzo), Carol (razza Shih Tzu, 8 anni bianco e nero), alcuni coniglietti razza “Ariete Nano” (in particolare lavorano in pediatria Penelope e Teodora) e Porcellini d’India. C’è perfino un asinello.
Che effetto ha un animale su un bambino ricoverato? “Tranquillizza, rende meno nemico un ambiente come quello ospedaliero, distrae – spiega Linda Meneghello, pediatra – I bambini vedono l’animale indifeso come loro, ci giocano e si lasciano fare le cure necessarie: a volte sono perfino contenti di doversi recare in reparto sapendo che ritrovano un amico”. Un effetto che si allarga alle famiglie: vedere i figli più sereni fa respirare anche mamme e papà. Il risultato è una alleanza – animali, piccoli pazienti, genitori – che rende meno pesante il percorso di cura.
Al day hospital del Santa Chiara di Trento sono in cura circa 530 bambini, il 70% ha una patologia cronica e appuntamenti ripetuti con l’ospedale: oltre 2mila accessi all’anno vengono registrati. “La proposta è arrivata dall’associazione – spiega il primario Annunciata Di Palma – Dopo avere risolto un problema di spazi e di accessi siamo partiti con l’oncoematologia, dove i bambini cronici hanno un carico di accertamenti e di terapie da seguire davvero severo. Ma l’esperimento si è allargato, ad esempio alle ragazzine con disturbi alimentari, che hanno personalità complesse, spesso rigide, e vivono una grande difficoltà: anche qui sono arrivati gli animali, con il loro carico di serenità e lo scambio di emozioni che riescono a trasmettere. Ora siamo alla sperimentazione in ulteriori servizi di cura”.
Il massiccio Thor (nella foto), ad esempio, è stato il primo cane a entrare in Proton terapia.”L’effetto è indubbio, e non nascondo di avere in una occasione derogato ad alcune regole per consentire che ci fosse un animale con un bambino anche dove non era consentito, su sua richiesta, per alleviare momenti estremi”, confida il primario.
Zampa amica, l’associazione di Katia, fa anche formazione, ad esempio con i corsi che insegnano ai bambini come rapportarsi ai cani senza che possano accadere incidenti. La tribù a quattro zampe entra regolarmente anche nelle case di riposo per anziani: “Non ho lasciato il mio primo lavoro per dedicarmi alla pet therapy – racconta Katia – . Ho lasciato il lavoro come assistente odontoiatrica per dedicarmi a famiglia e figli. Nel 2007 un’amica mi ha invitata per un corso di interventi assistiti dagli animali, così per curiosità. Sono rimasta entusiasta, soprattutto la bravura di Debra Buttram che ha saputo trasmettere tanta passione e capacità professionale. Da quel momento è nata in me la passione e la curiosità di approfondire questa terapia nuova, ancora poco conosciuta ma di grandi prospettive. Ho seguito vari corsi di formazione, anche all’ospedale meyer di Firenze con l’associazione antropozoa”.
L’associazione ora si occupa settimanalmente di progetti specifici di attività assistita dall’animale in nove Rsa ( residenze sanitarie per anziani), al “centro infanzia”di Trento, nelle scuole elementari, in ospedale: “Abbiamo svolto nel corso dell’inverno alcuni interventi presso l’hospice di Trento a favore di un ragazzo e una ragazza. La decisione di intervenire con animali di piccola taglia piuttosto che di grande taglia dipende sempre dagli obiettivi che ci si prefigge con l’equipe multidisciplinare ad inizio progetto. Non tutti riescono ad interagire correttamente e in modo adeguato con un animale piccolo, non tutti raggiungono obiettivi ottimali con un animale di grossa taglia. L’intervento che particolarmente mi sta a cuore è quello che svolgo a favore dei bambini affetti da neoplasie cerebrali. Nonostante la grande difficoltà nell’approcciarsi a queste patologie, la soddisfazione mia più grande è quella di regalare un momento gioioso e un grande sorriso, grazie agli incontri con i nostri quattrozampe”.
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