Medici, consulenti finanziari, esperti in compensi. Tutte professioni che, negli Stati Uniti come ovunque, richiedono qualifiche top. E che normalmente, dunque, comandano paghe altrettanto elevate. A meno, però, che i protagonisti siano donne: queste tre professioni sono infatti tra le 446 carriere di grido dove l’abisso tra uomini e donne, quando si tratta di remunerazione, è più profondo.
La denuncia arriva da una ricerca condotta dal Wall Street Journal setacciando i dati dell’Ufficio del censimento e che ha trovato proprio nei mestieri di elite la discriminazione più grave. Gli esempi concreti non lasciano dubbi: in America un medico maschio che lavori a tempo pieno nel quinquennio al 2014 ha guadagnato in media, ogni anno, 210.000 dollari. Se si guarda invece al portafoglio delle donne medico in una simile posizione la differenza è netta, hanno portato a casa solo il 64% rispetto ai colleghi, 135.000 dollari. Tra i ranghi dei consulenti finanziari la distanza è simile: centomila dollari l’anno in media per i maschi, 62.000 per le colleghe.
Questa realtà si ritrova anche guardando le statistiche generali. Le donne con una laurea di base guadagnano il 76% di quanto sono pagati gli uomini per medesimi incarichi. Le donne senza un diploma di scuola media superiore riescono al contrario a strappare il 79% della paga dei maschi.
Una certa omogeneità di retribuzioni, ai livelli più bassi, può essere attribuita alla crescente intercambiabilità del personale nelle professioni meno qualificate e al fatto che la paga maschile è qui spesso diminuita. Ma questo difficilmente può spiegare perché la situazione si sia addirittura ribaltata – in termini di sperequazione – negli ultimi trent’anni: nel 1980 le donne con una laurea guadagnavano il 68% della paga maschile mentre le donne senza diploma liceale prendevano solo il 61 per cento. Nè, tantomeno, può legittimarla.
La rivelazione è particolarmente preoccupante perché il mito vorrebbe che proprio le donne più qualificate guidino oggi la carica verso l’eguaglianza di trattamento e di paga, non la corsa alla discriminazione. E incrina la speranza che queste differenze siano destinate gradualmente e naturalmente ad assottigliarsi, senza battaglie e resistenze, perchè oggi più donne che uomini escono dalle università con una laurea.