Chiedete a una platea di uomini chi sceglie l’auto in famiglia. Vi risponderanno che sono loro a prendere la decisione. La distanza fra la percezione e la realtà, in questo caso, è davvero abissale. Nell’80% dei casi è la donna a dire l’ultima parola sulle auto. Marketing e pubblicità se ne sono già fatti una ragione da tempo. E sono passati all’attacco.
Vi ricordate le pubblicità di qualche tempo fa delle auto? Arrivava l’auto fiammante, si apriva la portiera e scendevano due tacchi a spillo, preludio di una bionda (o bruna) mozzafiato. Era una comunicazione diretta al pubblico prevalentemente maschile.
Ora le pubblicità delle auto hanno virato verso una rappresentazione della famiglia, quanto più tradizionale e i bambini (o più in generale, i figli) sono diventati i protagonisti di spot e cartellonistica. Basta gambe chilometriche e avanti con ciucci e biberon. Quasi tutto da Fiat a Opel, da Volkswagen a Seat.
Perché? Gli uomini guardano alle prestazioni nello scegliere un’auto. Le donne privilegiano, invece, la sicurezza. E chi meglio dei figli può rappresentare questo concetto? Certo al posto di guida rimane sempre il papà. Sarebbe troppo sovversivo farlo sedere al posto del passeggero. E probabilmente creerebbe avversione per il marchio.
Ci sono, però, donne che acquistano un’auto e non hanno figli. A loro è dedicata tutta la categoria di pubblicità che fa leva sul loro status simbol al femminile e sui loro valori.
Certo restano gli irriducibili. Quei marchi che fanno leva su quel 20% di consumatori al maschile, che acquistano auto che siano simbolo di virilità (con scelte pubblicitarie immancabilmente sessiste). D’altra parte l’industria resta ancora fortemente in mano a vertici al maschile, secondo i dati di un report di EY: su i 50 maggiori fornitori del settore auto, solo il 10% conta donne al vertice. Mary Teresa Barra, amministratore delegato di General Motors, resta ancora una mosca bianca. Eppure l’industria dovrebbe puntare alla diversificazione per essere più competitiva. “La velocità di cambiamento nel settore automobilistico sta accelerando ad un ritmo storico” osserva Randall Miller , di EY globale automotive e a capo del settore trasporti, aggiungendo: “Avere il giusto talento in grado di sostenere questi cambiamenti è un obiettivo cruciale. Con un miliardo di donne che inizieranno a partecipare alla catena economica per la prima volta da qui al 2020, aumentare la diversità di genere nelle aziende può essere un grande vantaggio competitivo per gli operatori del settore auto”.