Dissetare il pianeta, portare acqua pulita a comunità e villaggi, salvare vite umane. C’è una startup pronta a realizzare questo che ormai è più di un progetto: si chiama Watly, e per farsi conoscere e raccogliere la cifra necessaria ha lanciato un crowdfunding. Un’impresa che va fatta conoscere soprattutto all’esterno: per questo cerca un talento femminile, una voce di donna capace di trasmettere le potenzialità, gli ideali, le possibilità di una macchina made in Friuli, capace di portare oltre all’acqua anche la connessione internet, e di cambiare migliaia di vite.
Watly è al momento un team metà italiano e metà catalano: 13 specialisti nelle diverse discipline, tutti maschi. Puoi salvare il mondo e migliorarlo senza – almeno – un tocco femminile? «Cerchiamo entusiasticamente una collega per il marketing e comunicazione di Watly – spiega Marco Attisani, founder – La nostra candidata ideale parla e scrive benissimo l’inglese e possibilmente anche un’altra lingua, ha skills in marketing sorprendenti, ma quello che píu importa non è tanto quello che sa fare ma quello che intende fare in futuro. La stiamo cercando brillante, visionaria ed audace. Non cerchiamo un officiale della marina, ma una “Pirata”».
Per candidarsi inviate un email a info@watly.co con il l’oggetto “Be Watly”.
La startup ha un modello di business etico: «Crediamo fortemente nella possibilità di rendere il mondo migliore, dove non ci siamo persone – e oggi sono un miliardo – che non hanno accesso ad acqua pulita, o peggio ancora uomini, donne e bambini che muoiono a causa della contaminazione da idrocarburi o da batteri», spiega Attisani. Non solo acqua pulita; nel progetto rientrano anche la fornitura di elettricità e connessione internet a intere comunità: tutto in un progetto che, dopo avere superato diversi passaggi – e ottenuto riconoscimenti internazionali – ora si appresta al lancio al mercato.
La macchina che disseterà il pianeta è attualmente in costruzione a Udine. Il primo prototipo è stato presentato a giugno 2013. Watly, già coperto da brevetto, nasce dall’intuizione di Marco Attisani che con il suo team internazionale – metà friulano, metà catalano – ha sviluppato negli ultimi 3 anni la tecnologia e i prototipi che gli hanno permesso di testarlo anche “on site”, in Ghana, nel villaggio di Abenta, dove il modello 2.0 ha portato acqua pulita agli abitanti. La startup ha ricevuto nel 2015 l’European Pioneers, l’Horizon2020 e il Premio Corporate Gaetano Marzotto, ed entrarà a breve nel programma di accelerazione di ESA (European Space Agency).
In questi mesi il team è a lavoro in Friuli per costruire il primo Watly 3.0: per raccogliere la cifra necessaria è stata lanciata una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Indiegogo, mirata a sostenere la realizzazione di una seconda macchina: sarà installata in un Paese che presenti le caratteristiche necessarie, dalla stabilità politica a una sufficiente irradiazione solare. Watly usa infatti il sole per purificare l’acqua da ogni contaminazione, che si tratti di batteri, solventi, idrocarburi, lo stesso sale. L’acqua entra nel sistema automaticamente grazie a pompe solari, e poi stoccata in contenitori provvisti di lampade UV. L’apparecchio produce l’energia di cui ha bisogno per funzionare, e non deve essere collegato ad alcuna rete elettrica: 80 pannelli fotovoltaici possono generare fino a 150 kWh al giorno, che vengono immagazzinati in batterie. In un giorno mediamente illuminato, potrebbe ricaricare 20mila cellulari.
Non solo: Watly è uno strumento di comunicazione che può assicurare la connessione internet e inviare immagini, testi, file audio. Può perfino essere collegata a una stampante 3D. Nelle immagini del progetto si vedono dei grando moduli, fatti a tubo, più grandi di un’automobile: tutta la costruzione è affidata ad aziende friulane, dove si trovano le competenze necessarie.
La campagna di crowdfunding punta a raccogliere almeno 75mila dollari: garantiranno acqua pulita a 750 persone per 15 anni. L’obiettivo però è più ambizioso:
«Vorremmo installare almeno due macchine: l’ideale sarebbe poter creare un ponte fra il Paese africano prescelto e una città italiana: la macchina ha display grandi nove metri, è come un gigantesco cellulare, i bambini potrebbero vedersi e parlarsi a distanza di migliaia di chilometro» spiega Marco Attisani.
Il tutto è stato progettato per una totale autonomia, richiede una manutenzione minima e può essere utilizzato senza necessità di particolari abilità.