Una giornata per pensare alla salute, e una ricerca per battere il nemico delle donne più giovani

«E’ necessario promuovere un’attività scientifica con un’ottica di genere, individuare fattori di rischio genere in tutte le aree della medicina; includere uomini e donne nei trial clinici, sviluppare diagnosi e cure orientate al genere; formare il personale sanitario e includere gli aspetti di genere nella formulazione dei budget sanitari». Le parole della ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, inquadrano questo 22 aprile, prima Giornata nazionale della salute della donna. «Innanzitutto- aggiunge Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Sanità del Senato – cominciamo col dire che la donna è mente e corpo come l’uomo, ma in maniera diversa, anche se la sanita’ e la ricerca clinica e farmacologica pare non se ne siano ancora accorti: un ritardo che non stupisce in un Paese in cui la salute femminile è stata per lungo tempo legata alla sola sfera della riproduzione». Tanto che «nei nostri reparti ospedalieri le donne sono ancora la categoria piu’ discriminata, addirittura più degli anziani», dice il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), Walter Ricciardi.

La 1a Giornata nazionale della salute della donna, istituita dal Ministero della salute nel 2015, serve a sensibilizzare e focalizzare l’attenzione sul tema della salute dell’universo femminile, passando per tutte le età della vita, dalla nascita alla senescenza.

A Bolzano, ad esempio, le iniziative in programma sono all’insegna del motto “Prenditi cura della tua salute!”: è stata preparata una piccola guida – diffusa per e-mail e sui social media – con cinque consigli perché le donne conducano uno stile di vita sano, dall’alimentazione al movimento, dai controlli sanitari al tempo libero. La giornata è anche una occasione per riflettere sulle possibilità di garantire alle donne il tempo per poter riguardarsi e fare attenzione alla propria salute: si parla di donne oggi per la gran parte impegnate in attività lavorative fuori casa, pur continuando a svolgere il ruolo di casalinga, di madre, e occupandosi dell’assistenza di famigliari malati o anziani. Non solo: alle scelte delle donne spesso spetta indirizzare lo stile di vita più o meno sano della famiglia.

La panoramica delle iniziative è riportata al sito, dove si può cercare le iniziative più vicine a casa propria, che non si esauriscono in una giornata. Così, a Bolzano e Brunico, ci saranno specialisti al telefono nella settimana fra il 22 e il 28 aprile, pronti a fornire informazioni sulle possibili misure di prevenzione e cura nella casistica di affezioni tipiche delle donne e saranno offerte conferenza sulla salute al femminile. I settori interessati sono neurologia, ginecologia e ostetricia, psichiatria, oncologia e il pronto soccorso in presenza di casi di violenza contro le donne.

A questo indirizzo, invece, si trovano gli ospedali ai quali l’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna Onda assegna i “bollini rosa”, quelli cioè che offrono prevenzione, diagnosi e cura delle patologie femminiliIl Network 2016/17 è composto da 248 ospedali dislocati in tutta Italia, i cui bollini  saranno validi dal 1°  gennaio 2016 al 31 dicembre 2017.

E a proposito di patologie femminili, in molte regioni cresce l’attenzione alla diagnosi, alla cura e alla ricerca. Sarà realizzata in Veneto, a cura dei ricercatori e sanitari dell’Università di Padova e dell’Istituto Oncologico Veneto – IOV (che a sua volta è bollino rosa), la prima ricerca al mondo per verificare la praticabilità di terapie immunologiche per combattere il tumore al seno di tipo “triplo negativo”, il più invasivo e il più difficile da aggredire perché non trattabile con terapie ormonali e biologiche, ma solo con la chemioterapia.

Nel 2015, nel solo Veneto, i tumori alla mammella sono stati 4.660. Il 15% di essi è “triplo negativo”: tende a colpire con più frequenza le donne giovani e quelle con condizioni di rischio ereditarietà in famiglia, ed è la neoplasia alla mammella che si diffonde con più frequenza a polmoni e sistema nervoso centrale. Lo studio si chiama “A Brave Trial”, costerà 10 milioni di euro, coinvolgerà 360 donne colpite dal tumore “triplo negativo” già trattate con chemioterapia ma considerate ancora a rischio di ripresa del male che saranno trattate con un potente anticorpo monoclonale. L’obiettivo è quello di agire sul rafforzamento del sistema immunologico delle pazienti, “scatenandolo” contro le cellule tumorali e verificandone l’effetto.