“Have it all”. Sembrava essere diventata la parola d’ordine delle donne in carriera qualche anno fa. Poi si era messo in discussione l’assunto e anzi, si era arrivati a dire che non era affatto possibile dal momento che “il gioco è truccato”. Ora torna a discuterne per capire quali sono gli ostacoli da eliminare perché le donne possano avere tutto.
Il dibattito era cominciato qualche anno fa quando Anne-Marie Slaughter, oggi presidente della New America Foundation e professoressa di politica e affari esteri alla Princeton University, lasciò il proprio incarico direttore della pianificazione politica del Dipartimento di stato Americano per passare più tempo con i figli adolescenti. Dopo quella decisione scrisse quello che venne definito un vero e proprio manifesto di una generazione di donne: Why women still can’t have it all.
La questione mi è tornata in mente leggendo un’indagine condotta da Egon Zehnder della serie Leaders & Daughters. Le risposte delle 179 intervistate, a livello mondiale, mostrano come le donne siano molto fiduciose di poter avere tutto: l’82% di loro pensa sia possibile. Una percentuale leggermente più alta ai livelli di management junior (85%) e meno nel middle management (75%) anche perché, neanche a dirlo, è in quella fase di carriera che si affrontano i maggiori problemi. Tanto è vero che la percentuale svetta nel senior management (93%) quando i figli sono ormai grandi e le condizioni economiche permettono un tenore di vita e servizi a sostegno adeguati alla professione. Allo stesso tempo sono molto alte le percentuali di donne che aspirano ad arrivare ai vertici della propria professione: addirittura l’80%. Tralasciamo le differenze geografiche, tutto sommato irrisorie, e concentriamoci sulle percentuali. Ma davvero 8 donne su 10 pensano di poter avere tutto? Vale a dire di poter essere mogli, madri, figlie e professioniste complete? Se così fosse la cerchia di conoscenze che frequento non risulta affatto essere rappresentativa diq uesta fotografia.
Prendiamo un caso eclatante: quello della candidatura di Giorgia Meloni a sindaco. La questione non era: le donne possono fare tutto perché sono delle wonder women, quanto piuttosto “le donne devono essere libere di scegliere della propria vita e di essere le professioniste e le mamme che vogliono, senza stereotipi o scelte di altri a limitarle”. E Meloni, come poche altra in Italia, ha probabilmente gli strumenti e le possibilità ecoomiche per scegliere. Ma le altre? Tutte quelle che non sono così fortunate, come si è definita ad esempio Federica Lucisano?
Bisognerebbe smettere di discutere sul “è possibile avere tutto”, perché c’è chi non ce la fa e non è giusto che si senta in difetto. Bisognerebbe invece chiedersi: ma le donne devono fare tutto? Perché non esiste la questione: can men have it all? Non devono essere anche loro mariti, padri, figli e professionisti? Se per loro la questione non esiste, perché possono scegliere senza sensi di colpa, raggiungeremo la parità quando la questione non si porrà neanche per le donne. Creiamo un campo da gioco che faciliti tutti e poi giochiamocela. C’è chi farà la punta, chi il portiere, chi si “accontenterà” di fare il mediano. Ma senza più nessuno che giudichi la scelta e imponga miti irrealistici.