Di nuovo spazio ai lettori! Il Secondo Prima di oggi me l’ha raccontato, e bene, Ilaria Petrarca. Io ho provato a renderlo così, voi… preparatevi al decollo!
***
Che fastidio quest’aria in faccia!
Una scusa per alzarmi di nuovo. Allungo una mano, giro manopole, premo pulsanti, armeggio più o meno a caso. Poi intercetto lo sguardo di compatimento di una hostess, e mi schianto di nuovo sul seggiolino.
«Il Comandante, il Primo Ufficiale e l’equipaggio vi danno il benvenuto a bordo di questo volo.»
La stessa hostess di prima mi invita senza tanti complimenti ad allacciare le cinture. Ma che vuole, questa? Che ne sa di quanta ansia mi porto addosso? Quella non si vede al body scanner, le forbicine sì, ma l’ansia… Oddio, saranno tutti a posto i documenti?
«Assistenti di volo, armare gli scivoli.»
Ecco. Ci siamo. Dall’oblò vedo la pista, cielo e alberi in lontananza. Vorrei abbassare la tendina ma durante il decollo è vietato, e se quella mi guarda di nuovo in quel modo… le stacco un orecchio a morsi, giuro! Però devo distogliere lo sguardo, non sopporterei la vista della pineta vicino casa, non sopporto gli addii…
L’aereo rolla sulla pista. La solita hostess finge di sorridere mentre illustra le procedure di emergenza. A me viene voglia di farle le boccacce, come quella volta con le guardie della regina a Buckingham Palace. Avrà anche lei la consegna dell’indifferenza o mi risponderà male davanti a tutti?
Tutti. Ma tutti chi? Teste sconosciute su un volo che sta per partire e mi porterà in una città sconosciuta. Sulla rivista di bordo c’è un reportage fatto apposta per farla apparire luminosa, multicolore, accogliente… La vedrò così anche io? Per ora ho visto solo l’aeroporto, quello che sarà il mio ufficio e un bistrot lungo il fiume dove ho firmato il contratto.
«Assistenti di volo, prepararsi al decollo.»
L’aereo accelera. La velocità mi fa aderire allo schienale. La chiamano ‘velocità di decisione’, la minima necessaria a continuare la procedura, la massima alla quale si può interrompere la corsa. Le ruote divorano quel che resta della pista. Ecco, si staccano e continuano a girare a vuoto. Si stacca una lacrima dal mio occhio, la asciugo con il dorso di una mano. Abbasso le palpebre e la pressurizzazione fa il resto. La tensione si scioglie in gocce salate che mi bagnano il sorriso.
Manca un secondo, e lascerò l’Italia. Per quanto? Scuoto la testa. Non importa, adesso devo solo godermi il volo.
***
Un secondo. Quanto dura un secondo? Così poco che per scrivere queste poche parole ne ho impiegati una decina. Però non tutti i secondi sono uguali. Alcuni hanno il potere di dilatarsi sino a segnare l’avvenire. Il secondo in cui abbiamo chiuso gli occhi per il nostro primo bacio, quello in cui sono venuti al mondo i nostri figli, quello in cui abbiamo salutato per sempre una persona cara. Questi ce li ricordiamo tutti. Ma il secondo precedente cos’è successo? Quale tumulto agitava le nostre menti e i nostri cuori? Ecco, le storie della domenica racconteranno questi “secondi prima” dei secondi eterni, quelli in cui gli occhi stavamo per chiuderli, le mani per lasciarle o prenderle. Momenti veri o immaginari, vissuti da personaggi più o meno pubblici o ignoti o anche solo da me (ogni autore è narcisista). Perché forse ce li siamo scordati, eppure non sono mai andati via. Quali sono i “Secondi Prima” dei secondi che hanno cambiato la vostra vita? Raccontateli a giulianopasini@gmail.com e, se vorrete, diventeranno storie.