Benvenuti! Carissimo e carissima!
Siamo la fraternità delle Sorelle Povere di santa Chiara, conosciute anche con il nome di Clarisse, del Monastero S. Damiano di Borgo Valsugana, in Trentino.
La clausura ai tempi dei social passa anche tramite un blog e una pagina Facebook, dalla quale parlare alle ragazze, invitarle ai ritiri (per chi ha fra i 18 e i 35 anni), comunicare e tenere i contatti abolendo, di fatto, le distanze.
“Ricordiamo che, cliccando il pulsante “Iscriviti”, che compare su ogni pagina in basso a destra, è possibile registrare il proprio indirizzo di posta elettronica per ricevere, via email, i nuovi articoli pubblicati sul sito”, spiegano le sorelle.
C’è anche la pagina sul social più diffuso, “che utilizziamo unicamente per riprodurre automaticamente il sito e raggiungere un maggiore numero di persone, ma non per comunicare rimandando, per questo, ai moduli di contatto di questo sito e al nostro indirizzo email. A tutti voi assicuriamo la nostra preghiera!”.
La figura centrale è quella della giovane santa Chiara (1193-1253) che seguì l’esempio di Francesco, non nella forma dell’itineranza e della predicazione, ma nella reclusione del piccolo Monastero edificato presso la chiesa di San Damiano ad Assisi. Qui, in radicale povertà e carità fraterna, visse una vita di contemplazione. Ancora vivente Chiara, dalla comunità di Assisi, partirono piccoli drappelli di sorelle per impiantare la forma di vita damianita in cenobi femminili preesistenti o sorti in tutta Europa attraverso la predicazione dei frati. In Trentino, dove si svolgerà il Concilio, la storia è fatta di molti avvenimenti. Da un monastero di Verona appartenente al movimento dell’Ordine di San Damiano provengono le prime monache giunte a Trento per aprirvi un monastero, nel 1227. Dopo la soppressione degli ordini religiosi avvenuta nel primo decennio del XIX secolo, il nome di “S. Chiara” passerà all’Ospedale che verrà insediato nella struttura conventuale, e quindi alla sede universitaria cittadina.
La forma di vita povera abbracciata da Chiara incontrava presso la Curia Romana un atteggiamento di ammirata prudenza che ne limitava l’adozione, mentre era piuttosto favorita la “più sicura” forma di vita dell’Ordine di San Damiano, alla cui redazione lo stesso Papa Gregorio IX aveva collaborato. Per uniformare questo vasto movimento femminile, dieci anni dopo la morte di santa Chiara, nel 1263, papa Urbano IV impose la sua Regola a tutti i monasteri, tanto a quelli legati all’Ordine delle Sorelle Povere quanto a quelli dell’Ordine di San Damiano.
Occorrerà attendere il XVII secolo per trovare in Trentino, a Rovereto, un’esperienza di vita clariana desiderosa di far rivivere il carisma originario di Chiara. Ciò avverrà grazie a Bernardina Floriani, la venerabile Giovanna Maria della Croce (Rovereto 1603-1673), singolarissima figura di mistica che, in pieno post-concilio tridentino, fondò presso la chiesa di San Carlo a Rovereto un Monastero per il quale redasse ella stessa delle Costituzioni, rifacendosi alla forma radicale della povertà abbracciata da santa Chiara. Fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo le soppressioni asburgiche posero drammaticamente fine alla presenza clariana in Trentino. Ma nel 1973, proprio in occasione delle celebrazioni per il 300° anniversario della morte della venerabile Giovanna Maria della Croce, si cominciò a parlare della riapertura di un monastero di Clarisse in Diocesi.
Il progetto si realizzerà nel 1984 con la fondazione del Monastero S. Damiano in Borgo Valsugana. Nel 1997 la comunità ha raggiunto il numero di sorelle sufficiente a garantire una vita interna autonoma, tanto per il governo che per la formazione, ed è quindi stato eretto canonicamente dall’arcivescovo mons. Giovanni Maria Sartori. “Recentemente, nel 2008, abbiamo potuto contribuire alla rifondazione del Monastero S.te Claire di Gerusalemme, attraverso l’invio di una sorella”.
Per le sorelle la sveglia suona alle 5.25: alle 5.50 le letture, poi la meditazione e le lodi mattutine, alle 7.30 la messa e alle 8.10 la colazione. E poi viene il tempo del lavoro “che si inserisce a pieno titolo nella vita di povertà, attraverso la quale san Francesco e santa Chiara volevano seguire e imitare l’umiltà del Figlio di Dio, ci fa vivere abbandonate alla Provvidenza del Padre che si prende cura di tutte le sue creature. La grazia di poter lavorare con le nostre mani ci fa collaborare alla vita della fraternità, mettendo a frutto le capacità di ciascuna”.
I lavori sono “a servizio del culto divino”; il tempo dedicato occupa unicamente un paio d’ore al mattino e altrettante al pomeriggio. Il primato della preghiera fa del lavoro l’attività creatrice e creativa per la lode di Dio ordinata alla contemplazione: “Anche a motivo del fatto che il tempo di esecuzione dei diversi manufatti è necessariamente lungo, i nostri avori sono a offerta libera. Ci sono lavori in legno (calici e patene, crocifissi, ante tabernacolo) e i ceri decorati”.
Il ritmo delle giornate è scandito dalla preghiera liturgica, “attraverso la quale il nostro cuore si rivolge al Signore, offrendogli il nostro lavoro insieme al lavoro dell’umanità, le gioie, le sofferenze e le speranze di tutti”. L’intera vita si svolge in clausura: “Nello spazio del monastero troviamo l’ambiente adatto alla vita contemplativa. La clausura è il prezioso scrigno che custodisce la presenza del Signore nel silenzio adorante e nella carità fraterna. Con la sua separazione, la clausura costituisce uno spazio di libertà e l’annuncio del primato di Dio nella vita di tutti”.
Eppure basta un click, per chi è al di fuori, per “celebrare la liturgia del giorno,
unendoti alla Chiesa che prega”. E sembra di essere lì a sentirsi raccontare le storie delle vocazioni, come quella di suor Barbara Veronica, nel 2008.
“Questo luogo sempre cercato e mai trovato con le mie forze, ora mi veniva incontro come un dono. Io che, in fondo, ritenevo che la vita mi dovesse qualcosa, mi scoprivo felicemente debitrice”.