Emily Brontë e il diritto a essere scrittrice

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I suoi occhi avevano un colore indefinibile. A volte erano blu, talvolta si incupivano e viravano sul grigio scuro. Uno sguardo inafferrabile e impenetrabile che rifiutava di essere definito o inquadrato. Così è anche il suo unico romanzo il capolavoro Wuthering Heights (in italiano Cime Tempestose) che l’ha consacrata alla storia. Sono passati 200 anni dalla nascita di Emily Brontë, una delle più grandi scrittrici della letteratura inglese. Della vita di questa geniale autrice si sa ben poco, nonostante la scrittura sia stata fedele compagna della sua breve esistenza spezzata dalla tisi a soli trent’anni.

Eccetto il libro e le sue poesie, sono rimaste solo alcune scarne carte personali. Le frammentarie notizie biografiche che la riguardano sono emerse dal carteggio di una famiglia che forse rappresenta un caso unico nella storia della letteratura. Emily fa parte del cerchio magico di donne che si era creato a casa Brontë. Appartiene a quella feconda sorellanza che scrisse e pubblicò tre indimenticabili libri senza tempo: Cime Tempestose scaturito dalla fervida mente di Emily, Jane Eyre scritto da Charlotte e Agnes Grey opera dell’altra sorella Anne.

Quinta di sei figli, Emily nasce il 30 luglio 1818. Il padre è Patrick Brontë, pastore anglicano di origini irlandesi. La madre, Maria Branwell, muore tre anni dopo la sua nascita. Alle bimbe viene data un’educazione molto rigida. Pochi i momenti di svago, del tutto bandite frivolezze e mondanità. Ma è proprio l’austera e sperduta canonica di Haworth sferzata dal vento della brughiera a custodire un tesoro incommensurabile. Classici latini, greci e inglesi, giornali, una mole di libri che le bambine sfogliano e poi leggono voracemente.

Il 1825 sconvolge Emily. Le sue sorelle più grandi Mary ed Elisabeth muoiono di tubercolosi, un doppio lutto che la segnerà nel profondo. La creatività che già ribolliva nell’animo delle piccole Brontë esplode l’anno dopo. Le bimbe incominciano freneticamente a riempiere taccuini e diari. Ideano e scrivono una serie di storie avventurose ambientate in mondi fantastici.

La stesura di questi racconti rappresenta una palestra in cui forgiare l’impeto senza requie della scrittura che è rifugio, speranza, sollievo. Ma è anche sopra ogni cosa passione che non conosce ostacoli, capace di una forza che lotta contro le resistenze e le opposizioni della società vittoriana in cui la donna è rinchiusa nel ruolo di angelo del focolare. Il patriarcato lascia pochi spiragli. Ma Emily e le sue sorelle sono così risolute che sfidano affronti e continui ammonimenti. Orfane di una tradizione positiva che potesse incoraggiare la loro scrittura, rischiano di essere schiacciate da un’altro genere di tradizione, quella misogina, ostile a riconoscere il talento femminile. Ed è proprio questa la grandezza delle tre sorelle scrittrici. Non essersi piegate alle aspettative, aver avuto la tempra e la volontà incandescente di essere in guerra con un destino che non avevano scelto.

Emily e le sue sorelle sono costrette a trovarsi un impiego per sopperire alle ristrettezze economiche familiari. Fanno le istitutrici, un lavoro che non piace in realtà a nessuna di loro, ma è proprio Emily la più intollerante. Molla la sua occupazione e ritorna alla canonica. Ascolta il richiamo di quei paesaggi selvaggi e brulli in cui geme spesso la tempesta, una natura capace di scatenare ogni volta la sua immaginazione. Di ispirare le sue poesie. Ne scriverà quasi duecento. È come una febbre che la consuma.

Nel febbraio del 1842 Emily lascia le sue amate colline e si reca a Bruxelles in Belgio con Charlotte per seguire i corsi dell’istituto di Madame Héger. Insegna e studia il francese. È un viaggio che la cambia profondamente. La permanenza in terra straniera le fa acquisire consapevolezza. Lei desidera essere una scrittrice. Si convince ancora di più di voler vivere libera di esprimere la sua creatività e dimostra come la scrittura non sia solo ambizione degli uomini, ma è anche e finalmente delle donne. Con le sorelle fa fronte comune. Se vogliono arrivare alla fama, c’è però un’unica via. Essere invisibili. Le tre ragazze scelgono degli pseudonimi maschili. Le sorelle Brontë diventano i fratelli Bell. È una strategia per resistere e contrastare i pregiudizi.
L’anno della svolta è il 1847.

Vengono pubblicati i loro tre romanzi. Cime Tempestose scuote e spiazza la critica, colpisce per la sua crudezza e le sue scene di violenza. Emily si firma come Ellis Bell. Il libro mescola generi letterari e piani temporali. Emily, acuta osservatrice, attinge dalle storie della sua famiglia, da quelle sentite a scuola, dalle vicende del villaggio della canonica e dei suoi abitanti. Un microcosmo in cui si annidano terribili sentimenti che hanno una dimensione universale. Il suo romanzo parla di violente passioni, di energia crudele, di orrore, di lotta e di ribellione. Emily ha una perfetta conoscenza dei moti dell’animo umano e ha inquadrato la condizione delle donne del suo tempo imprigionate da un patriarcato violento che vuole silenziare la loro voce.

Il suo romanzo è la storia di una saga familiare ambientata nei primi anni dell’800. È l’arrivo di Heatcliff, bimbo dalle oscure origini che il padrone di casa, il signor Earnshaw recupera a Liverpool, a sconvolgere gli equilibri della dimora che si trova nelle alture dello Yorkshire.
Heathcliff si innamorerà di Catherine, la figlia di Earnshaw.

Un amore contrastato da Hindley, fratello di Catherine, che odia Heatcliff e farà di tutto per degradarlo fino a spingerlo alla fuga da Cime Tempestose. Quando poi farà ritorno, Heatcliff diventato un agiato signore, ma anche uomo feroce senza scrupoli, metterà in atto il suo piano di vendetta. La trama del libro è complessa e intricata. A una prima narrazione se ne aggiunge un’altra in cui i protagonisti appartengono alla seconda generazione. È riduttivo pensare che Cime Tempestose narri solo le vicende di un amore tormentato. Se il libro è passato alla storia per il legame che unirà per sempre Heatcliff e Catherine, in realtà contiene molto altro.

Le figure femminili sono ribelli e coraggiose anche quando vengono loro malgrado confinate in spazi sempre più ristretti. Vogliono fuggire dalle loro prigioni. Desiderano autodeterminarsi, ma non hanno status sociale e dalla legge non sono considerate persone. Sono reputate proprietà che passano dal controllo legale del padre a quello del marito o del suocero. Emily Brontë è brava a far capire i patimenti e le coercizioni che venivano inflitti alle donne della sua epoca. Li mette a nudo perché le donne stesse capiscano la loro ingiusta condizione. E la fine di Cime Tempestose svela uno dei modi attraverso cui cambiare quelle situazioni. Catherine Linton, protagonista finale del libro, impara a usare le sue capacità. È l’istruzione la chiave che le permette di lottare e che le consente di scrivere in prima persona il suo destino. Definita perché donna un fortuito fenomeno, una sorta di freak letterario, Emily Brontë è stata invece tutt’altro. Una donna con la sua visione lucida. Una donna che rivendicava il diritto a essere scrittrice.

  • Celia |

    Complimentandomi per la vostra scelta di dedicare un articolo ad Emily Brontë, mi permetto tuttavia di far notare che il ritratto pubblicato non raffigura la suddetta scrittrice, bensì sua sorella maggiore Charlotte.

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