In Tim meno di un dirigente su 5 è donna, ma in futuro la percentuale salirà

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“Quanto più un’azienda è consapevole che, per essere efficace e soddisfare i propri clienti, deve partire dalle persone che la popolano e le mette in condizione di potere esprimere se stesse, quanto più l’inclusione entra nell’agenda di quell’azienda”. Ne è convinto Andrea Iapichino, responsabile People Caring di Tim. L’amministratore delegato Amos Genish lo ha confermato parlando alla “Tim Equity & Inclusion Week”: “La diversità e l’inclusione sono elementi chiave nella costruzione di una cultura vincente, nella quale le persone sono spinte a contribuire al meglio per soddisfare i bisogni dei clienti incontrando le diversità, facendo leva su un nuovo modo di pensare e sull’innovazione che saranno fondamentali nel percorso di trasformazione digitale”.

Dall’11 al 15 dicembre TIM si è impegnata nella “TIM Equity & Inclusion Week”, una settimana dedicata all’inclusione e alla valorizzazione delle diversità. La manifestazione ha coinvolto 18 città, 40 sedi aziendali e 3mila dipendenti. A Milano i dipendenti Tim hanno praticato il desk yoga e dialogato sui temi della longevità; a Roma hanno incontrato la senatrice Monica Cirinnà, a Catanzaro negli edifici aziendali è entrato Don Francesco Cristoforo che ha portato la testimonianza della sua vocazione, realizzata nonostante l’ostacolo della disabilità, mentre a Caltanissetta una terrazza è stata trasformata in un roof garden. “Includere X innovare” è stato il motto della settimana e tanti sono stati gli ambiti toccati nel corso delle 184 iniziative proposte dagli stessi dipendenti a partire dai loro interessi: identità e differenze di genere, etnia e orientamento sessuale, per citarne alcuni.

L’iniziativa è nata tre anni fa a seguito di una indagine interna su come le persone percepivano il welfare aziendale. Racconta Andrea Iapichino: “Ne è emerso un livello di consapevolezza non soddisfacente sulle tematiche dell’inclusione. Ci siamo sentiti chiamati a trovare delle soluzioni: la prima cosa da fare era creare delle esperienze e coinvolgere le persone su queste tematiche. I risultati sono stati da subito impressionanti: il primo anno siamo riusciti ad organizzare 90 eventi, più che raddoppiati nell’edizione appena conclusa. C’è un fil rouge che lega le iniziative: rendere tutte le persone in grado di esprimere il proprio potenziale”.

Il percorso di TIM per favorire l’inclusione parte con la scelta di una parola differente, diversity“In quell’anno abbiamo creato la funzione di cui adesso sono responsabile: People caring. Contemporaneamente abbiamo dato vita ad un diversity board informale coinvolgendo 35 colleghi che potessero rappresentare le diversità in azienda per etnia, religione, orientamento sessuale; un luogo di informazione e consultazione”. Il passaggio dal concetto di “diversity” a quello di “equità & inclusione” è arrivato dopo un cambio di prospettiva: affrontare il tema dal punto di vista dell’ arricchimento. “Diversity viene sempre tradotto come ‘diversità’ e la parola ‘diverso’ in italiano ha una connotazione di separazione molto forte. La prima cosa che ho pensato di dovere fare è stato cambiare il linguaggio. Ho scelto di non parlare più di diversità ma di inclusione. Includere è accogliere. Concentrarsi sulle positività e l’unicità delle persone”, commenta Iapichino.

Nel corso degli anni TIM si è dedicata a riconoscere il valore dell’inclusione e venire incontro alle differenze, anche attraverso il diversity board che viene consultato ogni volta che l’azienda vuole varare una policy o prendere iniziative. “Tim è stata tra le prime aziende a riconoscere un permesso matrimoniale ad una coppia dello stesso sesso andata all’estero per sposarsi. Esiste una policy per cui se una persona diversamente abile ritiene di non essere adeguatamente dotata di strumenti di lavoro ha il potere organizzativo per avere ciò di cui sente il bisogno. Infine nel 2016 abbiamo lanciato un progetto di lavoro agile che riguarda tutti i dipendenti ma chiaramente aiuta soprattutto le colleghe, dato che in Italia sono le donne a smaltire i maggiori carichi familiari”.

E poi c’è l’attenzione ai talenti femminili. All’interno di Tim è nata l’associazione NoiD che punta a valorizzare uno stile di management inclusivo e orientato al merito. Oggi il 32% dei dipendenti del gruppo in Italia è donna, mentre la percentuale femminile dei dirigenti è del 17%, quasi 1 su 5. Inoltre su 16 membri del consiglio di amministrazione sei sono donne, come previsto dalla legge Golfo-Mosca sulle società quotate e partecipate pubbliche. I numeri parlano di una minoranza ma nel futuro, assicura Iapichino, le donne in azienda e nel management cresceranno. Per due motivi: “Presto inizieremo a raccogliere i frutti della maggiore presenza di donne in facoltà e corsi di studi stem che prima erano appannaggio prevalentemente maschile. Inoltre si sta allargando il bacino da cui attingere per trovare talenti: oggi la complessità del digitale fa spaziare: potrei avere bisogno di una matematica, di una fisca come di una chimica o di una storica dell’arte, perché la costruzione di un servizio digitale deve essere sfaccettato fin dall’inizio”.