Da ieri per la Cassazione, in caso di divorzio, il criterio per la titolarità di un assegno di mantenimento è l’autosufficienza e non il tenore di vita. Pare che sia una sentenza femminista, pare che sia una rivoluzione, se ne discute molto e se ne scrive altrettanto, ma quelle che mi paiono prevalere sono due posizioni che si possono sintetizzare in “meno mantenute, più astrofisiche” e in “finalmente liberi da queste sanguisughe”.
Invece brutta sentenza, secondo me, perché parte dalla presunzione – smentita da fatti e numeri – che esista una parità retributiva e occupazionale fra donne e uomini, perché non riconosce il tempo di cura – spesso distribuito in maniera disomogenea fra i coniugi – e perché rende ancora più fragile e ricattabile il soggetto più debole in un matrimonio o in un’unione. Il soggetto più debole è quello che non lavora per dare cura, o che lavora meno per dare cura e permettere all’altro carriera, o quello che lavora ma guadagna meno o è comunque più debole economicamente. Proprio chi si prende cura della famiglia, a scapito della carriera e dello stipendio, sarà meno indipendente o pagherà molto più cara la sua indipendenza. “Donne svegliatevi”! Sì, certo ma le tutele sono importanti per chi arranca, non per chi ce la fa.
A dirla tutta, la sentenza di Cassazione interessa ben poco: riguarda un caso specifico ormai piuttosto noto; recepisce un indirizzo maggioritario che viene utilizzato dai tribunali per calcolare l’assegno divorzil; e poi il nostro ordinamento non è un common law. Vale molto di più il clamore che suscita. Il racconto che se ne fa è quello di una conquista civile. Eppure non esistono libertà civili agibili senza libertà economiche e se in Italia ci sono circa 800mila padri separati che vivono sotto la soglia di povertà non è colpa delle pretese delle mogli. Le cause probabilmente vanno cercate nell’alto numero di famiglie monoreddito perché uno dei due non ha altra scelta che di restare a casa con i figli; oppure perché i salari sono bassi, il potere d’acquisto diminuito, l’occupazione scarsa.
Le separazioni e i divorzi hanno sempre un impatto economico negativo, talvolta gravissimo o devastante e forse sono roba da ricchi.