Un secondo fertiloso

Mi chiamo Beatrice, sì come la guida di Dante, che ho fatto il Classico, certe cose le so. E anche come quell’altra del Secondo della settimana scorsa, ma io faccio tutt’altro, sono un ministro, io, e so che a questo punto dovrei dire quanti anni ho, ma a una signora mica si chiedono, e maledetta Wikipedia che racconta tutto. Comunque, ho accettato volentieri l’invito di AlleyOop a raccontare cosa è successo con questa cosa del Fertility Day, che, per dirla tutta, mi è decisamente scappata di mano. Era dai tempi del Giornale di Ostia che non mi trovavo in casini del genere, per fortuna poi sono entrata in politica a tempo pieno, però prima ho lavorato, per cui capisco bene la difficoltà di crescere dei figli per le mamme lavoratrici, soprattutto quando sono giovani e magari con stipendi bassi o contratti instabili, lasciate stare che io i figli li ho fatti 20 anni dopo, quando ero Ministro, lavorare è come andare in bicicletta, non si dimentica mica. E i figli è meglio farli presto, lo sanno tutti. Eh, io sono diventata mamma a 44 anni, ma che c’entra? Mica parla di me quella campagna, parla di quelle che lavorano. No, aspetta, questa non funziona, la cancelliamo, vero?

Ricominciamo. Anche se sono entrata in politica a 25 anni e da allora ho uno stipendio pubblico, capisco quelle che fanno fatica, che prima si devono laureare, ma poi, tutto questo entusiasmo per la laurea, io mi sono fermata al diploma e ora sono ministro, e di un ministero fondamentale, quello della salute, quindi perché queste non fanno i figli prima di laurearsi? Ah, c’è il problema di mantenerli, giusto, che lo so io quanto mangiano i pupi, per non parlare del resto, che se c’avessi lo stipendio da operaia con cosa pagherei le tate e l’asilo nido? Niente, neanche questo funziona, cancelliamolo, va’.

Ricominciamo di nuovo. Proviamo con questa. Come si fa a negare che le cattive abitudini fanno fare i figli tardi. E quell’opuscolo… È vero, le foto erano copiate, ma l’ho fatto per risparmiare, poi una era di una clinica dentaria, l’altra s’intitolava “Gang of young people taking drugs”, santo cielo, è meglio curare la propria igiene dentale o drogarsi? Mi pare evidente. E invece tutti a dire che era razzista, ma io proprio capisco, vorreste trovarvi in un vicolo con quelli della foto di sopra o con quelli di sotto? E con chi vorreste che i vostri figli uscissero la sera? Quanta ipocrisia. Ah, neanche questa funziona. E se vi faccio vedere quanto diversa era la foto dell’opuscolo che avevo approvato rispetto a quella pubblicata? Come dite? Non sembrano diverse? Certo, perché il razzismo è nell’occhio di chi guarda. Va bene, va bene, cancelliamo anche questa. Datemi un secondo e trovo io la soluzione, che chi fa per sé fa per tre.

Eccola!

“Io sottoscritta, Lorenzin Beatrice, rassegno le mie dimissioni con effetto immediato dall’incarico…”

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Un secondo. Quanto dura un secondo? Così poco che per scrivere queste poche parole ne ho impiegati una decina. Però non tutti i secondi sono uguali. Alcuni hanno il potere di dilatarsi sino a segnare l’avvenire. Il secondo in cui abbiamo chiuso gli occhi per il nostro primo bacio, quello in cui sono venuti al mondo i nostri figli, quello in cui abbiamo salutato per sempre una persona cara. Questi ce li ricordiamo tutti. Ma il secondo precedente cos’è successo? Quale tumulto agitava le nostre menti e i nostri cuori? Ecco, le storie della domenica racconteranno questi “secondi prima” dei secondi eterni, quelli in cui gli occhi stavamo per chiuderli, le mani per lasciarle o prenderle. Momenti veri o immaginari, vissuti da personaggi più o meno pubblici o ignoti o anche solo da me (ogni autore è narcisista).  Perché forse ce li siamo scordati, eppure non sono mai andati via. Quali sono i “Secondi Prima” dei secondi che hanno cambiato la vostra vita? Raccontateli a giulianopasini@gmail.com e, se vorrete, diventeranno storie.