Il volto diverso del possibile G7 del 2017. Perché qualcosa di fortemente innovativo potrebbe davvero accadere se alle prossime elezioni americane fosse eletta come presidente Hillary Clinton. Allora, seduti attorno al tavolo della riunione delle sette nazioni sviluppate con la ricchezza netta più grande al mondo potrebbero esserci tre donne: Hillary Clinton, appunto, con la veterana Angela Merkel e la neo premier britannica Theresa May. Si tratta, nel complesso, delle prime tre economie mondiali. Se poi ci si aggiunge che per il Canada presenzia Justin Trudeau, che da solo sta rivoluzionando l’immagine e la sostanza di un leader, forse si può sperare in un nuovo corso.
Il Gruppo dei Sette è nato nel 1976 e riunisce Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia e Regno Unito. Presenti agli incontri anche il rappresentante dell’UE ed il presidente del FMI, che attualmente è un’altra donna, Christine Lagarde. Quando sono presenti i governatori delle banche centrali, si aggiunge un peso da novanta sul fronte femminile: Janet Yellen numero uno della Federal Reserve.
Il G7 rappresenta oltre il 63% della ricchezza netta mondiale detenuta, secondo il Credit Suisse Global Wealth Report 2013. Un peso non da poco, che permette a questi tre Paesi di disegnare le sorti in tema di politica economica. Cosa ci si aspetta che cambi? Leader nuovi dovrebbero portare visioni nuove. A maggior ragione se sono “diversi” dai precedenti: che sia per cultura, educazione, estrazione sociale, genere o etnia. Il nuovo G7 potrebbe iniziare a cambaire qualcosa a partire dall’agenda: sotituendo, magari, la priorità della crescita economica con la priorità di una crescita economica sostenibile che non continui a esasperare le differenze fra paesi ricchi (i sette appunto) e paesi emergenti o in via di sviluppo.
D’altra parte: Justice requires that those who suffer the least are the ones who speak out the most.