E’ ancora vivo e indelebile il ricordo di Sara di Pietrantonio, la ragazza romana bruciata dal suo ex fidanzato. Nella Capitale è stato appena chiuso il centro antiviolenza, finanziato dal Comune, Sos Donna H24. E Virginia Raggi si è insediata da poco come sindaca.
Le tre vicende, apparentemente, non sono legate. Ma di fronte a quasi 60 femminicidi da inizio anno, di fronte al supporto che i centri antiviolenza forniscono alle donne in difficoltà anche per prevenire questi atti criminosi, e di fronte infine all’insediamento della prima donna in Campidoglio, è facile individuare un fil rouge tra i tre avvenimenti.
Il problema della chiusura dei centri romani antiviolenza si è posto nei mesi scorsi in maniera generalizzata. Scaduti i finanziamenti per i quattro spesati dal Comune di Roma, sotto la gestione del Commissario Tronca si è deciso di prorogare gli altri tre e di chiudere Sos Donna H24. Il centro che aveva sede al Casale Rosa, in via Grottaperfetta 610, nell’Ottavo Municipio, dal 2010 ha assistito circa 1950 donne. Al momento della chiusura vi erano 600 casi ancora aperti. A quanto emerso finora, spiega la responsabile Emanuela Donato, la causa della mancata proroga “sembra essere la mancanza nel nostro centro dell’ ospitalità per le donne che invece esiste nelle altre realtà”. D’altro canto non sempre le donne necessitano di ospitalità nei centri antiviolenza poiché, ad esempio, sono loro a rimanere in casa mentre gli uomini violenti vengono allontanati oppure trovano un posto dove vivere grazie alla rete di amici o parenti. Inoltre la peculiarità di Sos Donna H24 consiste non nell’ospitalità, ma negli interventi sul campo. Il centro, cioè, oltre all’ascolto telematico, ai colloqui di sostegno, alla consulenza professionale, offre anche interventi d’emergenza in ospedali, servizi sociali, a fianco delle forze dell’ordine. “Seppure la chiusura è stata inevitabile, almeno – chiede Oria Gargano, presidente della cooperativa Be Free che gestisce Sos Donna H24 – si faccia al più presto un nuovo bando”.
E veniamo alla neo-sindaca Virginia Raggi. Già prima delle elezioni, i gestori dei centri che rischiavano la chiusura si erano rivolti a tutti i candidati al Campidoglio, senza avere risposta. Ora, con una nuova lettera, Sos Donna H24 ha sottoposto alla Raggi la questione. In occasione del presidio organizzato venerdì scorso contro la chiusura del centro, la sindaca ha dato segni di apertura, incontrando una delegazione di donne e impegnandosi per rafforzare i centri antiviolenza. Tuttavia, nell’immediato, per Sos Donna non c’è stato nulla da fare e ieri sono state riconsegnate le chiavi del Casale Rosa.
A Roma, oltre ad Sos Donna H24, sono finanziati dal Comune il centro Antiviolenza ‘Donatella Colasanti e Maria Rosario Lopez’, la Casa internazionale dei diritti umani delle donne’ e la Casa di semiautonomia ‘Il giardino dei ciliegi’. In genere, in tutta Roma, ci sono circa 20 centri aperti sparsi nei vari Municipi. Tra quelli il cui destino è, per varie ragioni, a rischio si contano il Dalia al Pigneto, l’Assolei a Trastevere, il Lucha y Siesta a Cinecittà, il Cagne sciolte a Ostiense, Una stanza tutta per sé alla Garbatella. Allargando lo sguardo a tutto il Paese, si nota tuttavia che manca al momento una rilevazione sistemica dei centri antiviolenza. Recentemente a livello internazionale è stata condotta l’indagine Wave-Women against Violence; l’Italia si è distinta per l’esistenza di iniziative di raccolta dati che danno vita a un patrimonio conoscitivo frammentato, caratterizzato da informazioni parziali e isolate. Sarebbe auspicabile, in un’epoca segnata da tante violenze sulle donne, puntare ad avere un quadro unitario e, conseguentemente, una regia a livello municipale e nazionale.