
Il primo step è inviare la segnalazione alla polizia postale, anche tramite il commissariato di ps online . Alla prima segnalazione deve poi seguire la denuncia, con informazioni dettagliate, ad esempio con lo screen shot dei commenti sessisti e denigratori e delle immagini rubate. E’ questa la procedura da seguire per le donne, le cui foto sono finite, a loro insaputa, sui siti sessisti, tra commenti denigratori e insulti.
Per la pagina Facebook “Mia moglie” la procura di Roma ha aperto un fascicolo per revenge porn e le indagini potrebbero essere riunite a quelle sull’altra pagina, il forum Phica.eu. Caso quest’ultimo più complesso con molteplici possibili ipotesi di reato: diffamazione, diffusione illecita di immagini private, estorsione. Al momento sono decine le denunce arrivate alla polizia postale su tutto il territorio nazionale, centinaia le segnalazioni per un fenomeno che però resta praticamente impossibile da quantificare.
«Il web è una giungla poiché caratterizzato da animato e transazionalità del reato» spiega Cristiano Leggeri, dirigente della polizia postale e della sicurezza cibernetica. «Ciò che è importante comprendere è che si tratta di un’indagine informatica estremamente complessa e che sconta una problematica importantissima – continua Leggeri – ovvero la facilità con la quale chi commette il reato riesce immediatamente a replicare quelle piattaforme e quei contenuti da un’altra parte».
«Chiudere un gruppo, un canale, un sito, tecnicamente è una mitigazione, nel senso che gli utenti cercheranno altri contenuti in altri gruppi, in altri canali, su altri siti» aggiunge Nicole Monte, avvocata e vicepresidente di Permesso Negato, associazione che offre supporto tecnologico e orientamento legale alle vittime di diffusione non consensuale di materiale intimo e violenza online. «Con riferimento a Mia moglie e a Phica,net, siamo stati sommersi da richieste di supporto tecnico» sottolinea Monte.
Gruppo Mia Moglie, a rischio la class action
«Riguardo al gruppo Facebook Mia Moglie sono arrivate solo le segnalazioni di tre donne, che hanno paura, non vogliono denunciare e partecipare all’azione collettiva. Sono sconvolte da quello che è successo , ma non se la sentono di farsi avanti e andare contro il padre dei loro figli». Così spiega l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che ha lanciato una class action contro Meta e contro Phica.eu (per partecipare bisogna scrivere ad azionecolletiva@abdp.it). «In merito al sito sito Phica, invece, ci sono tante donne, , tutte più o meno note, che mi hanno scritto e tante associazioni. Queste ultime mi hanno contattata anche per il gruppo Mia moglie, ma se non ho le vittime non posso fare la class action» aggiunge l’avvocata.
I consigli alle donne
«Le segnalazioni e le denunce che stiamo raccogliendo con le nostre articolazioni territoriali sono molte e diverse» spiega Leggeri, aggiungendo: «Abbiamo bisogno della partecipazione attiva dei cittadini che devono comunicare e denunciare ogni fatto che ritengono possa ledere la loro dignità o creare una fattispecie di reato».
Le donne devono inviare alla polizia postale informazioni di dettaglio su quello che hanno trovato in rete, sulle immagini non autorizzate e diffuse, sui commenti denigratori che accompagnano tali immagini. Ovvero su «tutto quello che è recuperabile e cristallizzabile al momento» dice Leggeri. Ciò per mettere in condizione immediatamente le forze di polizia e le autorità di adottare le misure necessarie. Anche nel momento in cui un sito viene chiuso, se le normative dei Paesi lo consentono, la polizia può acquisire quei dati. E, «poichè il web è una giungla, la consapevolezza in primis deve essere quella che diffondere una propria immagine nel web vuol dire perderne traccia».
La rimozione delle foto
«Quello che facciamo è andare sulla piattaforma per supportare la vittima nella rimozione dei contenuti illeciti perchè – ricordiamo – la condivisione delle immagini senza la condivisione delle persone ritratte è illecito. La maggior parte di chi subisce qusti reati spesso non sa di essere effettivamente vittima di un reato» ricorda Monte di Permesso Negato.
Le donne dunque contattano l’associazione, che segnala alle piattaforme il contenuto e lo fa rimuovere, solitamente nell’arco di poche ore. «Le prime segnalazioni su Phica risalgono ai i primi di agosto, prima che diventasse un caso mediatico – precisa Monte – noi eravamo stati attivati prima della chiusura».
L’impossibilità di quantificare il fenomeno
L’entità del fenomeno è difficile da misurare, per dell’ampiezza della superficie del web, che è veramente smisurata e difficile da osservare. Per quanto riguarda l’osservazione dei siti con contenuti sessualmente espliciti, «stiamo parlando di un universo mondo – continua Leggeri – sarebbe inimmaginabile riuscire a fare una fotografia di quanti sono i siti che possono ospitare contenuti di questo tipo. Diciamo solo che è un mercato estremamente fiorente e che c’è una grande attenzione a riguardo, speriamo soprattutto da parte di un pubblico consapevole. Per noi la priorità è la salvaguardia soprattutto dei minori e dei soggetti vulnerabili».
Basta, inoltre, dare un’occhiata ai social per capire quanti gruppi di questo tipo ci siano, con nomi decisamente sessisti, misogini e denigratori nei confronti delle donne. Molto materiale viene scambiato via Telegram.
Le difficoltà dell’indagine
La polizia postale spiega che, al momento, la complessità dell’attività investigativa consiste nell’ arrivare ai paesi nei quali sono allocate le infrastrutture informatiche che ospitano quei contenuti. Si tratta di scoprire, frequentemente in una dinamica di scatole cinesi, dove si trova l’ultimo server nel quale sono allocati quei dati. All’interno di quei dati andranno poi effettuate delle analisi di polizia vere e proprie per capire di che contenuti si tratti. Altra difficoltà, oltre all’anonimizzazione dei contenuti, la cooperazione dei paesi che ospitano i server finali. Paesi che potrebbero, ad esempio, in ragione della loro legislazione, non riconoscere i reati di opinione e quindi non soddisfare la richiesta formulata dal nostro paese o dalla nostra autorità giudiziaria.
***
La newsletter di Alley Oop
Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.
Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com