Cara Alley,
hai mai sentito parlare di Disturbi Specifici dell’Apprendimento? Detto anche DSA o più semplicemente dislessia.
Io ne ho sentito parlare per la prima volta quando avevo 8 anni, esattamente 14 anni fa. In prima e seconda elementare, in realtà, le mie difficoltà venivano considerate normali, mentre dopo, nonostante studiassi molto, non riuscivo a ricordare a memoria le poesie, non riuscivo a distinguere le lettere con suoni molto simili, non riuscivo a distinguere le parole con le doppie, non riuscivo assolutamente a ricordare le tabelline e l’approccio con le materie di studio, storia-geografia-scienze, fu altrettanto disastroso.
In quel periodo iniziarono le ricerche di mia mamma per capire quale fosse la mia difficoltà, ed eccola lì la risposta, ero una bambina con DSA in tutti e quattro gli ambiti. Perché, ovviamente, i Disturbi Specifici dell’Apprendimento non sono solo la dislessia (la difficoltà nella lettura), ma comprendono anche disortografia (la difficoltà nella scrittura), disgrafia (la difficoltà nel tratto grafico) e discalculia (la difficoltà coi numeri). Sotto il nome dislessia si accumunano erroneamente tutti i disturbi. Essere un bambino con DSA all’inizio degli anni 2000 non è stato facile, ci si portava ancora dietro la vecchia concezione di “studenti svogliati e ignoranti”, molti insegnanti, ma anche genitori, non sapevano distinguere le difficoltà di un DSA e, di conseguenza, non si sapeva come agire e come aiutarli nello studio.
Bene, vorrei dirti che noi DSA non siamo “ignoranti e svogliati”, anzi molte volte il nostro QI è più altro della media, semplicemente abbiamo un modo diverso per arrivare da A a B, per noi non è una linea retta ma è un percorso pieno di curve e deviazioni. Arriveremo comunque al punto di arrivo ma questo ci richiederà uno sforzo maggiore, troveremo nuove strategie che ci aiuteranno, anche da adulti quando avremo un lavoro, perché di Disturbi Specifici dell’Apprendimento NON si guarisce perché non si è malati, si ha solo un modo diverso di vedere le cose. Per noi è difficile leggere perché le parole si muovono e le lettere cambiano posizione, non è facile. Così come fare un calcolo a mente scambiando un 9 per un 6 e cambiando il risultato finale, così come è difficoltoso avere una grafia chiara e veloce.
Mia mamma mi ha sempre supportata e spronata ad andare avanti facendo il meglio che potevo. Ha fatto ricerche, si è informata, ha cercato di spiegarmi cosa fossero i DSA e ha sempre combattuto per i miei diritti quando io ero troppo piccola per farlo.
Sai quali altri termini si usano comunemente associati alla sigla DSA? I PDP, piani didattici personalizzati, e gli strumenti compensati. I PDP sono documenti firmati dalla scuola e dai genitori in cui si concorda un piano didattico differente, che dia la possibilità al DSA di utilizzare gli strumenti compensativi segnalati nella certificazione medica. Alcuni degli strumenti sono le mappe concettuali, la calcolatrice, il computer, maggior tempo nell’esecuzione di compiti in classe e interrogazioni che avrebbero dovuto essere programmate. Questi strumenti sono come un paio di occhiali per chi non vede bene, questi non sostituiscono l’immagine che chi li porta vede, ma li aiuta a mettere a fuoco meglio e a definirne i contorni. Così gli strumenti compensativi non sostituiscono l’applicazione allo studio dello studente ma gli permettono di arrivare da A a B sempre con dossi e deviazioni ma senza sovraccarichi.
Se ci ripenso ora, mi ricordo che da quando ero piccola ho sempre odiato i PDP, gli strumenti compensativi e i miei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, volevo solo essere come i miei compagni, niente di più, niente di meno, ma spesso proprio i miei compagni erano coloro che contestavano gli strumenti compensativi da me usati. Ad esempio, ho ancora vivida nella memoria la loro disapprovazione se durante una verifica avevo tempo aggiuntivo o se utilizzavo le mappe concettuali durante un’interrogazione, ovviamente non potevano impedirmi di utilizzare i miei strumenti compensativi ma non mancavano mai di prendermi in giro e di ricordarmi come io avessi “la vita semplificata” rispetto a loro, quando non sapevano quanto sudore ed impegno io avessi dovuto usare per ottenere il mio risultato. I miei compagni avrebbero dovuto essere i miei alleati, non lo sono mai stati, sono sempre stati il più grande ostacolo da superare.
La prima legge che riconosce i disturbi specifici dell’apprendimento, e ne dà una definizione, si ha solo nel 2010. Speravo davvero di poter continuare a studiare senza dover lottare per i miei diritti, perché avrei trovato qualcuno che era preparato sulle difficoltà dei DSA, ma invece non cambiò nulla, tranne rare eccezioni, mia madre prima e io successivamente abbiamo sempre dovuto lottare per l’applicazione del mio PDP.
Nel mio percorso scolastico, dalle medie all’università, ho trovato davvero tanti docenti che non avevano idea di cosa fosse un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, che non avevano letto il mio PDP e che non sapevano cosa fossero gli strumenti compensativi. Questo è sempre stato il momento peggiore per me, dover spiegare a una persona, che avrebbe dovuto essere la mia guida e la mia fonte di insegnamento, cosa fare con me. Ma, a onor del vero, eccoli, i miei fari nell’oscurità, quei docenti che hanno studiato davvero e sanno come comportarsi con un DSA. A loro andranno per sempre i miei ringraziamenti perché è grazie anche a loro, se non ho mai lasciato gli studi. Sono stati la mia salvezza e sono stati coloro che non hanno ucciso la mia voglia di studiare, di conoscere, di leggere.
Un’altra cosa che vorrei usaste come motivazione è la mia storia nel mondo della scuola prima e nell’università poi. In terza media, quando dovevo scegliere cosa studiare dopo, gran parte del mio consiglio di classe mi aveva consigliato calorosamente di non fare nulla di diverso da un Istituto Professionale perché, a detta loro, non ce l’avrei fatta. Volete sapere la cosa divertente? Ho scelto un Istituto Tecnico, più precisamente Amministrazione, Finanza e Marketing, ho finito le mie superiori in cinque anni, nessuna bocciatura o debiti, con anche la consapevolezza di essere stata una delle migliori in Economia Aziendale nella mia classe, nonostante la DSA. Ed ora, sto concludendo l’università nella facoltà di Scienza Umanistiche per la Comunicazione.
Cari voi che mi state leggendo, che siate DSA come me, che siate genitori di DSA o che siate personale scolastico, dopo aver letto il mio scritto, vi chiederete perché ho continuato a studiare. Volete sapere perché l’ho fatto? Perché quelle poche persone che ho incontrato che credevano in me mi hanno dato la forza di andare avanti, di continuare perché avevo le capacità per farcela. Quello che mi auguro è che tra non molto tempo non ci siano solo poche persone a credere in noi DSA. Se siete genitori di DSA, informatevi, parlate coi vostri figli, cercate di capire se e come potreste essergli d’aiuto. I vostri figli magari sono come me e hanno una voglia matta di studiare ma il percorso è così pieno di ostacoli che vorrebbero mollare. Siate i loro primi sostenitori, dovete credere in loro e loro faranno grandi cose.
Ai ragazzi DSA mando un caloroso abbraccio, so che non è facile ma se vi arrenderete, darete solo ragione a chi pensa che siamo svogliati ed ignoranti, diciamolo tutti insieme: NON LO SIAMO, NOI CE LA FAREMO!
M.A.S, una ragazza DSA
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