Real estate, crescono le carriere al femminile anche in Italia

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Inclusion e diversity, parole per indicare la tanto agognata parità. Tra i sessi nel mondo del lavoro, ma più estesa negli ultimi anni a etnie e culture, abilità fisiche e orientamento sessuale. Nel Global gender gap index 2017 per Nazione l’Italia è all’82esimo posto dopo Norvegia, Finlandia, Rwanda, Francia, Namibia, Ghana, Bolivia e così via. E nel real estate quanto conta la presenza femminile? Quanto è cresciuta, se lo è, negli anni? In Italia è ancora esigua, nonostante ci sia una donna, Silvia Rovere, a capo di Assoimmobiliare, la prima associazione del settore.

Una risposta positiva ha cercato di darla l’evento Quo Vadis, organizzato dallo studio legale Dla Piper di recente a Milano, con la metà delle panelist dei convegni e delle tavole rotonde rigorosamente donna. “Avevo promesso l’anno scorso che saremmo arrivati al 50% di presenza femminile tra i protagonisti e posso dire che ci siamo quasi riusciti” dice Olaf Schmidt, partner dello studio e responsabile del settore real estate a livello internazionale. “Le difficoltà ci sono soprattutto nella prima fase della carriera – dice Francesca Galante co-founder e partner di First Growth real estate -. Quando ho iniziato a lavorare nell’investment banking 20 anni fa mi è stato subito detto che per una donna in quel settore era necessario lavorare più e meglio dei colleghi maschi. Non ho pensato di essere discriminata e ho avuto la fortuna di trovare persone che mi hanno valorizzata. A un certo livello di esperienza, e adesso che la “diversity” è diventata un tema preponderante, è quasi positivo essere donne. Penso che il motivo per cui nel real estate ci sia presenza femminile inferiore è perché la preparazione universitaria nel settore è “su misura” per una audience maschile, ma anche perché non è facile conciliare un lavoro impegnativo con la famiglia. Ma ci sono chiavi per avere più donne “senior” nel settore: cambiare mentalità innanzitutto (e questo vale per ogni settore, ndr), sottolineare e valorizzare le caratteristiche positive dell’essere donna, come l’intuizione e la capacità di gestire situazioni complesse, ma anche creare gruppi di supporto per le donne e tutor specializzati per aiutarle nella prima fase della carriera. E magari orari flessibili per conciliare lavoro, famiglia, figli”. E aggiungerei una maggiore capacità di fare sistema, di fare gruppo, di supportarsi una con l’altra.

Nell’evento Dla Piper volutamente la tavola rotonda finale era sbilanciata sulle donne: quattro top manager e un rappresentante solo dell’universo maschile (l’ottimo manager Graham Mackie di Ubs Asia, che ha commentato che nella parte del mondo dove vive e lavora sarebbe impossibile pensare a una tavola rotonda con una tale massiccia presenza femminile). A dimostrazione che all’estero le manager ai vertici di importanti gruppi sono molte, sempre di più, ma anche esse lamentano discriminazioni. L’Italia invece è fanalino di coda, anche in questo.

architect-architecture-black-and-white-1537008Barbara Knoflach è responsabile di tutto il business dell’investment management all’interno di Bnp Paribas Real estate. La struttura gestisce fondi immobiliari per 27,4 miliardi di euro in Europa e nel 2017 ha realizzato transazioni (tra acquisizioni e vendite) per 4,8 miliardi di euro. “L’industria immobiliare funziona come ogni altro settore – spiega -. Gli sforzi per cambiare sono purtroppo in ritardo. Molto dipende dalla sensibilità di chi fa selezione di personale. Ovviamente essendo molti uomini ai vertici sono più portati a propendere per il loro stesso sesso. Anche io sono naturalmente più propensa a puntare sulle donne”.

Alla tavola rotonda come panelist ha partecipato anche Martina Malone, managing director and global head of fund raising di Prologis. “Come potrebbe l’industria del real estate attirare più donne nel settore? – chiede Martina -: permettendo moduli di lavoro flessibili, bilanciare il lavoro con la famiglia (la tecnologia è di supporto a questo), creare sponsorship per il progredire della carriera, dare fiducia alle donne che possano chiedere così promozioni e stipendi adeguati. E aumentando il numero delle donne ai vertici queste potranno supportarsi le une con le altre”.

Ece, il colosso immobiliare tedesco, ha sposato una linea favorevole alle donne in posizioni di leadership, filosofia basata sulla necessità di creare pari opportunità per tutti a tutti i livelli. “Per questo una presenza bilanciata dei generi a tutti i livelli del management è fondamentale per la nostra cultura d’azienda – dice Sandra Oertel, director center Management International di Austria, Ungheria e Italia – . Supportiamo tutti i talenti allo stesso modo, ma abbiamo uno special programma di tutor per le donne. In Ece il 20% delle posizioni di top-management e oltre il 40% del “middle management” è occupato da donne”.

Trish Barrigan è co-fondatrice e managing partner di Benson Elliott. “La percentuale di donne in posizioni di leadership nel real estate è bassa come negli altri settori, ed è dovuta al fatto che le donne sono meno propense a promuoversi e in genere aspettano che le loro capacità vengano riconosciute. Il real estate, in più, per anni e anni è stato percepito come un settore “maschile”. Per questo è necessario che le laureate donne vengano presto edotte sulle possibilità nel settore: ci sono molteplici ambiti, come il diritto, l’investment, la finanza, il capital raising, lo sviluppo e le costruzioni nel quale trovare spazio”.

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Le donne interpellate sono tutte concordi che sia necessario individuare ampi spazi di miglioramento nell’aiuto che viene dato alle donne in carriera per gestire la meglio e conciliare lavoro e vita privata. E se non ci sono modelli ai quali ispirarsi il circolo non diventa virtuoso. “La presenza delle donne, a cui ispirarsi, deve essere la norma e non una eccezione – spiega Philippa Gill di Vedextra -. I programmi dovrebbero iniziare già a scuola, mostrando alle donne che non ci sono barriere al loro ingresso in alcuni (molti, ndr) settori. E il sessismo va sempre trattato come un’offesa”.