No Borders Music Festival, il jukebox emotivo Jovanotti e il cantastorie Lucio Corsi

«Quello della bicicletta è un mondo buono, emotivo, che ride e piange con la medesima facilità. E dove tutti si vogliono bene tra loro». Le parole scritte da Indro Montanelli durante le cronache al seguito del Giro d’Italia 1947, sono perfette anche per raccontare quello che è stato il “Jova Bike Concert“, l’unico appuntamento estivo del 2025 di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti dopo il recente tour di oltre 50 date sold out nei palazzetti delle principali città italiane, e primo live della scena musicale raggiungibile esclusivamente in bicicletta.

E ai Laghi di Fusine, in bici, ci è arrivato anche Jovanotti. A due anni dall’incidente durante una vacanza in Repubblica Dominicana, Jova è tornato in sella percorrendo 770 km dalla sua casa di Cortona (Arezzo) alla volta di Tarvisio (Udine) insieme a un gruppo di amici tra cui Paolo Bettini (medaglia d’oro olimpica ad Atene 2024 e 2 volte campione del mondo) e il conterraneo Daniele Bennati (ex commissario tecnico della Nazionale Italiana di ciclismo), che in un post pubblicato sui suoni canali social ha scritto: «La bici non è solo un mezzo di trasporto. È un modo di vedere il mondo. E questo viaggio con Lorenzo ne è stata la dimostrazione più bella. Abbiamo pedalato insieme a un team incredibile, lungo strade meravigliose e ciclabili che sembrano fatte apposta per unire, non dividere. Musica e bici, natura e rispetto, fatica e leggerezza. Un mix perfetto che ha dimostrato che si può fare spettacolo anche senza rumore. Che si può viaggiare senza inquinare. Che si può stare insieme pedalando nella stessa direzione. Un messaggio forte per un futuro dove la bici può e deve essere protagonista; nella mobilità quotidiana, nella cultura del rispetto e nella sicurezza stradale. Grazie Lorenzo, per crederci davvero e averci messo il cuore. Cambiare le cose è possibile, ma solo se lo si fa insieme».

L’artista romano ha dato vita ad un vero juboxe di emozioni, un live fuori da ogni schema dove a decidere i brani delle due ore e mezza di concerto è stato il flow emotivo che si è stabilito tra il pubblico e lo spirito libero di Jovanotti. Un’energia pulita, leggera, potente, che ha messo al centro la musica trasformandola in una dichiarazione di intenti e un invito a pensare in modo diverso, con lo sguardo proteso in avanti e il cuore aperto. Al di là dell’intervento del cantante sulla guerra a Gaza e delle polemiche che ne sono seguite.

Sul palco, anche l’intera band che lo ha accompagnato durante il recente tour nei palazzetti: tredici elementi tra fiati, percussioni, voci e chitarre, oltre all’immancabile basso dell’amico fraterno di una vita, Saturnino Celani, che dal 1991 è protagonista di un sodalizio umano e professionale che ha segnato profondamente la storia della musica italiana.

Jovanotti ha regalato al pubblico un mix travolgente di grandi classici tra cui Serenata Rap e Ragazzo fortunato in chiusura (entrambe scritte proprio insieme a Saturnino) e brani tratti dal nuovo album Il corpo umano vol.1, compreso il singolo Occhi a cuore, congedandosi dai cinquemila ciclisti con un verso di una poesia dell’amico e poeta friulano Pierluigi Cappello, scomparso nel 2017 per una grave malattia: «Fra l’ultima parola detta e la prima nuova da dire, è lì che abitiamo».

Lucio Corsi, il cantautore cantastorie con il cuore di un bambino

Un po’ di stretching nel backstage prima di salire sul palco, la scelta di vestiti e cappelli da indossare durante il concerto (tutti riposti in un grande baule verticale su quattro ruote parcheggiato con cura all’ingresso del suo camerino), un po’ di tempo passato a chiacchierare con il suo entourage, una sigaretta (“un rifugio se c’è troppa gente”) e poi voilà; il trucco, gli immancabili e ormai leggendari pacchetti di patatine come “spalline” per il primo abito di ingresso in scena (quello con cui ha debuttato a Sanremo) e l’abbraccio dei cinquemila arrivati ai Laghi di Fusine per assistere all’esibizione di Lucio Corsi, il cantastorie con il cuore di un bambino. E di bambini ce n’erano tanti.

Quelli più grandi, intenti a ballare e battere le mani rapiti dai riff di chitarra elettrica alternati ai dolci suoni dell’armonica a bocca, e i più piccoli, la maggior parte, seduti sulle spalle dei genitori a canticchiare le canzoni del loro eroe preferito. Perché il cantautore toscano, al No Borders Music Festival, ha regalato un viaggio nel mondo delle fiabe prendendo per mano generazioni diverse con la leggerezza di chi sa parlare a bassa voce rimanendo impresso nel cuore.

Il live di Lucio Corsi, anche questo sold out, è stato un mix tra i brani più recenti del suo repertorio (Astronave giradisco, Volevo essere un duro, Tu sei il mattino e Francis Delacroix) e da quelli che ne hanno caratterizzato il percorso musicale, cominciato tra il 2013 e il 2014 con il trasferimento dalla Toscana a Milano, la pubblicazione del suo primo EP e l’incontro con Dario Brunori, che fin da subito ha scommesso su quel giovane ragazzo della Maremma innamorato delle moto e dei Blues Brothers, che quando si è trasferito in città l’unica motivazione che si è dato del perché i parchi fossero recintati è “per non far scappare gli alberi”.

Un punto di vista fiabesco che ha dato vita ad una “canzone breve” fatta di solo testo, recitata sul palco del No Borders: «È vero che gli alberi possono scappare, in fin dei conti tutti lo sanno. Per questo i giardini sono recintati e chiudono a chiave i cancelli del parco. Olivi costretti a marciare sul posto muovendo col vento soltanto le fronde. Gli alberi scappano meglio di notte, senza portarsi dietro le ombre».

Il festival

«Siamo felici di come stia andando fino ad ora il No Borders. Abbiamo appena concluso due weekend straordinari, il primo con Ben Harper e Mika e quest’ultimo con Lucio Corsi e Jovanotti, con cui abbiamo realizzato il primo bike concert al mondo e che è riuscito ad interpretare come nessun altro il valore del festival, creando un entusiasmo straordinario e coinvolgendo tutti a raggiungerci in bicicletta. A cominciare proprio da lui».

Le parole di Claudio Tognoni, fondatore e direttore artistico del No Borders Music Festival, raccontano l’entusiasmo vissuto dai diecimila partecipanti tra sabato 26 e domenica 27 luglio nel secondo dei tre appuntamenti del trentennale della rassegna sonora multiculturale e inclusiva che, dal 1995, trova casa nell’area dei Laghi di Fusine, ai piedi delle Alpi Giulie, tra gli scenari montani del Tarvisiano (al confine tra Italia, Austria e Slovenia); e che negli anni si è trasformata in una potente cassa di risonanza a livello culturale e comunicativo proprio in nome di quel “No Borders”: nessun confine linguistico, etnico, politico, di genere, sociale e geografico. Tutto avviene in nome della musica (black, afro, soul, jazz, dance, pop, cantautorato italiano ed internazionale sono solo alcune proposte di un caleidoscopio fatto di contaminazioni ed esperienze) e nell’assoluto rispetto del contesto paesaggistico.

Il No Borders è uno dei progetti del Friuli-Venezia Giulia, una regione che ha compreso che il fenomeno del turismo deve andare di pari passo con la minimizzazione del rischio ambientale, sociale ed economico dei territori: «Da molte edizioni perseguiamo la riduzione dell’impatto ambientale del nostro festival attraverso diverse iniziative mirate come i concerti diurni, i decibel monitorati, la raccolta differenziata, l’accesso alle location esclusivamente a piedi o in bici, una comunicazione digitale e gadget ecosostenibili, oltre a promuovere un programma di attività collaterali che valorizzi l’offerta naturalistica e culturale locale, sensibilizzando il pubblico verso il tema della sostenibilità», spiegano gli organizzatori.

Un modus operandi incentrato sul rispetto del territorio

Il No Borders Music Festival ha applicato un modus operandi incentrato sul rispetto del territorio e dei suoi spazi naturali: utilizzo di tecnologia LED per l’illuminazione degli spazi e produzione di energia elettrica a zero emissioni (ottenuta da impianti solari fotovoltaici o a gas per alimentare i sistemi audio, luci e video), distribuzione di spazzolini in canna di bambù, dentifrici, shampoo e saponi biodegradabili, utilizzo di caldaie a cippato per scaldare l’acqua delle docce degli spazi camping e un sistema di riciclo di tale acqua per riempire le cisterne dei WC.

Anche il materiale dell’evento e tutta la logistica dedicata al food & beverage e alla sistemazione degli artisti nel backstage, sono stati pensati in ottica green: biglietti elettronici, materiale extra in carta riciclata, segnaletiche elettroniche, uso del digitale, stoviglie e tovaglie biodegradabili, utilizzo di borracce al posto delle bottiglie di plastica ed eco-alloggi in legno come camerini per gli artisti. Da quest’anno, poi, oltre alle location dei Laghi di Fusine e dell’Altopiano del Montasio, l’evento coinvolge anche la città di Tarvisio con eventi collaterali, per rafforzare ancora di più il legame con la comunità.

Il sipario del 30° No Borders Music Festival calerà il prossimo weekend (2-3 agosto) con gli attesissimi concerti del compositore bosniaco Goran Bregović insieme a I Patagarri (Rifugio Gilberto – Sella Nevea, ore 12:00) e dei Kings of Convenience (Altopiano del Montasio – Sella Nevea, ore 14:00).

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com