Calcio, le azzurre ai quarti di finale ora si meritano il professionismo

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Siamo le outsider. Quelle su cui non si puntava. Probabilmente neanche in patria. Certo il calcio femminile italiano è cresciuto negli ultimi anni, anche grazie alla decisione della Figc, diretta da Michele Uva, di “obbligare” i grandi club ad investire nel femminile, con scuole di calcio, tesserate e squadre che giocassero il campionato di Serie A e B (con la possibilità di comprare il titolo). La capitana Sara Gama e le compagne, si sono allenate, hanno giocato le loro partite in campi secondari, si sono sfidate in campionato davanti a una manciata di spettatori. Ci hanno creduto, però, e sapevano che si sarebbero giocate fino all’ultimo la loro occasione, come stanno facendo a questi Mondiali di Francia.

rankingNel ranking mondiale stavamo nella parte medio bassa. Avevamo, secondo i risultati raggiunti fino al marzo 2019, il 15esimo posto. Solo un gradino più su della Cina. In questi Mondiali di Francia le azzurre hanno già battuto l’Australia, allora sesta al mondo, e tutto sommato non hanno sfigurato, nonostante la perdita per uno a zero, neanche contro il Brasile (che peraltro era alla ricerca disperata del passaggio agli ottavi). Le calciatrici italiane hanno convinto partita dopo partita, hanno conquistato i tifosi, hanno appassionato bambini e giovani (maschi e femmine). E alla fine hanno raggiunto il traguardo storico dei quarti di finale, nonostante l’Italia mancasse dalla Coppa del Mondo da 20 anni.

Ora ci tocca l’Olanda, che nel ranking mondiale è ottava (gestita dalla federazione calcistica dei Paesi Bassi). Ma oltre al traguardo storico, le azzurre hanno già portato a casa un’attenzione mediatica e la simpatia di un Paese. Certo che dire intero sarebbe troppo. Perché diciamolo i detrattori del calcio femminile restano, sono tanti e sono spesso spiacevoli nei loro giudizi. Ma non stanno rovinando la festa.

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Italia-Svezia, ottobre 2018 – Stadio di Cremona semivuoto

Qualcuno inizia a titolare “Boom di iscrizioni alle scuole calcio femminili”. In realtà è presto per avere i numeri, ma l’interesse sta aumentando fra i bambini e forse ora le famiglie saranno meno restie a seguire le richieste delle bimbe che vogliono indossare gli scarpini e correre dietro a una palla. Nel mio piccolo ho avuto un esempio “dal vivo” di quanto sia potente il modello che questi Mondiali stanno facendo emergere. Sono andata con mio figlio a vedere la Nazionale italiana a Valenciennes contro il Brasile. Lui, che ha giocato a basket e pallanuoto e non ha mai provato alcun interesse per il mondo calcistico, a metà partita mi ha chiesto. “Mamma posso giocare a calcio?”. Eppure non era la prima volta che vedeva giocare le azzurre. Eravamo stati anche a Cremona in autunno in uno stadio semideserto. Allora aveva fatto il tifo, ma niente di più.

La forza dei modelli è potente e cambia l’immaginario. Ora le giocatrici italiane si stanno appaiando a miti maschili. Ieri c’era chi su Twitter paragonava ad esempio Elena Linari a Fabio Cannavaro. Non illudiamoci, la strada è di certo molto lunga, ma su una cosa i tempi sono assolutamente maturi: è ora di riconoscere a queste calciatrici il professionismo. La misura, infatti, potrebbe essere approvata nell’ambito del collegato sport («Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione», testo C 1603-bis), che è all’esame della commissione Cultura della Camera. In ambienti politici si dice che potrebbero esserci novità già oggi.

Queste ragazze non vogliono una spilletta da commendatore da attaccarsi alla giacca E certo non basterà una visita al Quirinale al ritorno con una stretta di mano. La capitana Sara Gama, proprio al Quirinale, l’aveva detto che avevano “il coraggio di pensare di poter cambiare il volto del nostro sport in Italia”. Loro stanno facendo la loro parte. Che il Governo e il Parlamento, ora, facciano la loro.