Sono tredici, numero che indica iattura. Sono tredici, numero che evoca ultime cene. Ma di Gesù con lunghi capelli che attende il bacio dell’Iscariota non ce ne sono. Al limite, tra i tredici, si può solo immaginare che ci sia qualche povero cristo, e tutti e tredici interpretano un Giuda che tradisce la storia e l’intelligenza.
Tredici. Tredici teste rasate che entrano (irrompono non è corretto, sono lenti di testa e di movimenti) in una riunione di “Como Senza Frontiere”, leggono (sanno leggere!) un volantino che sostiene di necessità di fermare l’invasione. Salutano e se ne vanno, secondo Lercio vanno a leggere il menu di una pizzeria in un kebabbaro. Se la vicenda non fosse intrisa di grottesca tragicità, verrebbe quasi da ridere a pensare che a sostenere la necessità di fermare l’invasione è qualcuno che invade uno spazio privato.
Come fa ridere la scusa del carabiniere fiorentino, che si dice ignaro dei portati suggestivi della bandiera della marina tedesca del Secondo Reich, come se nazista fosse il simbolo e non l’uso che se ne fa. Servirebbe ricordare che la svastica mica l’ha inventata il Nazismo, ma era simbolo antichissimo, peraltro di cultura indiana?
Allora perché vedo rosa davanti a tutto questo nero (di cui non rido nonostante la comicità?) Perché ho guardato il filmato dell‘irruzione. E ai bruti (brutti più che bruti, in tutta onestà) dalle teste rasate è stato permesso di leggere un surreale proclama (a metà tra il Verdone hippie di “Un sacco bello”, con accento più celtico ovviamente, e Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams) senza che nessuno li interrompesse.
La risposta alla violenza è stata il rispetto. Un gesto di democrazia assoluta, che vale quanto Bella Ciao!