“Facevo la quarta superiore e di me si vedevano solo il viso paffuto ricoperto di lentiggini e una nuvola di riccioli rossi. Di sicuro il mio aspetto non mi rendeva molto credibile come pugile. Eppure quella per il ring è la storia d’amore più lunga della mia vita. Me ne sono innamorata la prima volta che sono entrata in una palestra di soli uomini. Mi ricordo ancora che vidi due ragazzi sfidarsi sul ring ma non erano semplici cazzotti. Era un mix di rispetto, coraggio e personalità che mi colpì al punto da spingermi ad andare dal maestro a dirgli che io avrei voluto imparare a fare quella cosa lì”. Da allora di tempo ne è passato parecchio e oggi Sara Corazza fa parte (già da due anni) della squadra nazionale di pugilato con cui gareggia sognando di conquistare il Guanto d’oro d’Italia e il Campionato europeo.
Eppure non è stato così semplice far digerire ai genitori la sua scelta sportiva. Sara faceva la quarta superiore quando ha deciso di salire sul ring per la prima volta e agli occhi di mamma e papà non era niente più che una bambina con i riccioli rossi e un carattere troppo pacato per quello sport. Ma la forza di volontà può fare miracoli e così Sara, in circa un mese e mezzo, è riuscita a perdere i chili di troppo e a debuttare sul ring. Inutile dire che in mezzo al pubblico a tifare per lei c’erano proprio loro: mamma e papà.
Nonostante i successi di Sara e di tante atlete come lei, il binomio donna – ring suona per molti ancora strano. Il pugilato femminile non è infatti una disciplina molto nota (anche se Sara assicura che 8 anni fa, quando ha iniziato lei, le atlete erano ancora meno) e le donne che lo praticano vengono viste più che altro come “maschiacci con i guantoni”. Uno stereotipo che a Sara non piace affatto: “Quando uno sport è considerato di nicchia, la mancanza di conoscenza da parte della società dà spazio a una serie di luoghi comuni e stereotipi impressionanti! Prevale infatti ancora l’idea che non sia una disciplina adatta a una donna perché la si considera più fragile e non è all’altezza di praticare sport di contatto definiti violenti”, precisa Sara che assicura però che “la violenza con il pugilato non centra proprio niente”.
Anche il confronto tra pugili donne e uomini, secondo Sara, andrebbe vissuto in modo più costruttivo: “Sul ring non si incontrano mai donne e uomini perché si tratta di categorie diverse”. Eppure scontrarsi durante l’allenamento, secondo Sara, è molto utile e costruttivo perché ci si arricchisce a vicenda attraverso il confronto tra due diversi modi di battersi su cui influiscono caratteri, emotività e anche biologie diverse. “Io mi alleno da anni sia con donne che con uomini, e da entrambi posso rubare qualcosa per arricchire il mio bagaglio”, rivela. Ma come si può sconfiggere la discriminazione che ancora colpisce le donne che praticano questo sport? “A mio parere bisognerebbe iniziare a parlare di atleti e non più di uomini e donne. Spero che un giorno non verrà più menzionato questo eterno confronto uomo-donna perché credo che sarebbe il primo vero grande passo per abbattere i pregiudizi”.